"Finalmente l’odissea di tutti i migranti della Diciotti è finita. Sono stati accolti dopo giorni di sofferenze. È una notizia bellissima. In queste ore la CEI sta individuando le strutture sul territorio italiano disponibili per l’accoglienza.
Grazie agli uomini di buona volontà che hanno reso possibile la fine di queste prolungate e insensate sofferenze. Grazie."
Grazie agli uomini di buona volontà che hanno reso possibile la fine di queste prolungate e insensate sofferenze. Grazie."
(Roberto Saviano, Facebook)
I demagoghi, quale che sia la loro matrice politica o ideologica, hanno sempre avuto tutti in comune la chirurgica padronanza degli strumenti della comunicazione.
Tale padronanza, s'intende, non implica affatto che vi sia verità e solo verità nei messaggi che diffondono: al contrario, è propria di questi individui la straordinaria capacità di trasfigurare e di manipolare la realtà per piegarla e plasmarla in funzione degli scopi che essi si prefiggono. In questo Roberto Saviano è certamente un maestro, molto più di quanto lo siano altri intellettuali suoi contemporanei.
Infatti, ad una analisi accurata delle sue considerazioni sulla vicenda delle persone raccolte da nave Diciotti, possiamo agevolmente riconoscere gli elementi essenziali della propaganda e della mistificazione ideologica.
Prima di tutto, salta all'occhio anche per lui l'utilizzo, diffusissimo ma in questo caso tecnicamente del tutto improprio, del termine "migranti". Le persone in questione, al momento, sono naufraghi sulla cui identità e nazionalità nulla è ancora stato ufficialmente accertato. E in qualità di naufraghi, queste persone sono state soccorse da nave Diciotti e successivamente condotte nel porto di Catania secondo le istruzioni ricevute dalle autorità competenti.
Al momento, peraltro, non è ancora chiaro a che titolo avverrà l'operazione di ricollocamento di queste persone rispettivamente in Albania, in Irlanda e presso strutture di accoglienza della Chiesa Cattolica. E' invece pacificamente accertato che nessuna di queste persone possiede né un documento che ne attesti la cittadinanza di uno dei paesi UE e né un regolare visto d'ingresso rilasciato da una autorità consolare italiana.
In mancanza di tali documenti, quindi, per quanto riguarda almeno le persone che rimarranno in Italia, poiché le strutture di accoglienza della Chiesa Cattolica non godono di extraterritorialità ci troviamo di fronte con tutta evidenza a un ingresso illegale sul nostro territorio.
Tale condizione giuridica può essere temporaneamente sanata soltanto qualora le persone in questione richiedano ufficialmente di accedere alle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati o dalle norme ad essa correlate; in tal caso, essi diventeranno "richiedenti asilo" e il destino di ciascuno di loro dipenderà dall'esito della loro richiesta: se verrà accertata la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma, potranno beneficiare del supporto destinato ai rifugiati o ai destinatari di protezione umanitaria o sussidiaria; in caso contrario, riceveranno un decreto di espulsione che ordinerà loro di lasciare il territorio italiano.
Prima di tutto, salta all'occhio anche per lui l'utilizzo, diffusissimo ma in questo caso tecnicamente del tutto improprio, del termine "migranti". Le persone in questione, al momento, sono naufraghi sulla cui identità e nazionalità nulla è ancora stato ufficialmente accertato. E in qualità di naufraghi, queste persone sono state soccorse da nave Diciotti e successivamente condotte nel porto di Catania secondo le istruzioni ricevute dalle autorità competenti.
Al momento, peraltro, non è ancora chiaro a che titolo avverrà l'operazione di ricollocamento di queste persone rispettivamente in Albania, in Irlanda e presso strutture di accoglienza della Chiesa Cattolica. E' invece pacificamente accertato che nessuna di queste persone possiede né un documento che ne attesti la cittadinanza di uno dei paesi UE e né un regolare visto d'ingresso rilasciato da una autorità consolare italiana.
In mancanza di tali documenti, quindi, per quanto riguarda almeno le persone che rimarranno in Italia, poiché le strutture di accoglienza della Chiesa Cattolica non godono di extraterritorialità ci troviamo di fronte con tutta evidenza a un ingresso illegale sul nostro territorio.
Tale condizione giuridica può essere temporaneamente sanata soltanto qualora le persone in questione richiedano ufficialmente di accedere alle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati o dalle norme ad essa correlate; in tal caso, essi diventeranno "richiedenti asilo" e il destino di ciascuno di loro dipenderà dall'esito della loro richiesta: se verrà accertata la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma, potranno beneficiare del supporto destinato ai rifugiati o ai destinatari di protezione umanitaria o sussidiaria; in caso contrario, riceveranno un decreto di espulsione che ordinerà loro di lasciare il territorio italiano.
In tutto questo processo, il termine "migranti" non compare mai e mai potrebbe comparirvi nella sua reale accezione, poiché "migrante" viene definito colui che, spinto dal desiderio di migliorare una condizione di vita precaria in un'area depressa, decide di spostarsi in altra zona della sua nazione di appartenenza oppure di trasferirsi all'estero, con l'intento di rimanervi provvisoriamente o definitivamente. Di tale fenomeno, alcuni esempi che hanno coinvolto larghe masse della popolazione italiana sono, come ben sappiamo, le migrazioni verso le Americhe a cavallo fra il XIX e il XX secolo e le migrazioni dal meridione al settentrione della nostra nazione negli anni '50 e '60 durante il periodo del boom economico postbellico. Questi spostamenti hanno comunque avuto tutti in comune un fattore ben preciso, ovvero il controllo da parte delle autorità sulla stragrande maggioranza dei flussi, un controllo che in diverse occasioni è stato solo l'ultimo ingranaggio di un meccanismo avviato direttamente dalle nazioni destinatarie come risposta alla crescente richiesta interna di manovalanza in presenza di un'economia in pieno sviluppo in determinati settori.
E' anche opportuno sottolineare che l'esercizio di tale controllo, a cui mai le nazioni destinatarie dei flussi migratori hanno inteso rinunciare, consisteva non solo nella contingentazione degli ingressi in funzione delle necessità di manodopera ma anche nel respingimento di chi non presentava i requisiti volta per volta richiesti.
E' anche opportuno sottolineare che l'esercizio di tale controllo, a cui mai le nazioni destinatarie dei flussi migratori hanno inteso rinunciare, consisteva non solo nella contingentazione degli ingressi in funzione delle necessità di manodopera ma anche nel respingimento di chi non presentava i requisiti volta per volta richiesti.
Tutto questo, oggi in Italia non avviene.
Coloro che si presentano alle nostre frontiere provenienti dalle sponde africane del Mediterraneo non hanno praticamente mai documenti di identità validi, non hanno una nazionalità accertabile e giuridicamente riconoscibile dal loro presunto paese di provenienza, e non giungono sulle nostre coste per rispondere a una qualsivoglia domanda di manodopera, quindi non possono in alcun modo essere definiti "migranti" nell'accezione giuridica più corretta del termine. Ma al di là della questione meramente lessicale, tutto questo fa sì che manchino completamente i presupposti per un loro inserimento temporaneo o definitivo nel contesto socioeconomico italiano, e rende peraltro anche del tutto impossibile il respingimento al paese di origine di coloro la cui domanda di asilo non viene accolta.
Ci troviamo quindi ad affrontare una situazione in cui coloro che ottengono in Italia lo status di rifugiato o di destinatario di protezione umanitaria o sussidiaria hanno come prospettiva una permanenza a tempo indeterminato in strutture di accoglienza, a spese della collettività e senza reali prospettive di integrazione sociale, non essendo al momento il mercato del lavoro del nostro paese in grado di assorbire tale ipotetica offerta di manodopera.
Coloro che si presentano alle nostre frontiere provenienti dalle sponde africane del Mediterraneo non hanno praticamente mai documenti di identità validi, non hanno una nazionalità accertabile e giuridicamente riconoscibile dal loro presunto paese di provenienza, e non giungono sulle nostre coste per rispondere a una qualsivoglia domanda di manodopera, quindi non possono in alcun modo essere definiti "migranti" nell'accezione giuridica più corretta del termine. Ma al di là della questione meramente lessicale, tutto questo fa sì che manchino completamente i presupposti per un loro inserimento temporaneo o definitivo nel contesto socioeconomico italiano, e rende peraltro anche del tutto impossibile il respingimento al paese di origine di coloro la cui domanda di asilo non viene accolta.
Ci troviamo quindi ad affrontare una situazione in cui coloro che ottengono in Italia lo status di rifugiato o di destinatario di protezione umanitaria o sussidiaria hanno come prospettiva una permanenza a tempo indeterminato in strutture di accoglienza, a spese della collettività e senza reali prospettive di integrazione sociale, non essendo al momento il mercato del lavoro del nostro paese in grado di assorbire tale ipotetica offerta di manodopera.
Coloro a cui invece la domanda di asilo viene respinta e che di conseguenza ricevono il decreto di espulsione con l'ordine di rimpatrio, da quel momento sono giuridicamente "clandestini", quindi non hanno più il diritto di permanere sul territorio nazionale e non possono più soddisfare in un contesto di legalità le più elementari necessità individuali, come per esempio l'accesso al lavoro o alla previdenza sociale. Queste persone hanno dunque elevatissime probabilità di entrare nella clandestinità sociale oltre che giuridica, il che vuol dire entrare nel circuito della microcriminalità, oppure associarsi alla manovalanza criminale dei racket gestiti dalle mafie italiane o straniere presenti sul territorio nazionale (cosa di cui Roberto Saviano ha, come è noto, una approfondita conoscenza), oppure entrare nel circuito dello sfruttamento indotto dal lavoro nero o anche peggio, ove per "peggio" si intende, per fare solo qualche esempio, la radicalizzazione terroristica di stampo religioso oppure il terribile destino del mercato di organi o del sesso.
E per comprendere la portata di questo fenomeno, i numeri ufficiali relativi a coloro che solo negli ultimi 5 anni hanno ricevuto il decreto di espulsione dal territorio italiano (fonte: Ministero dell'Interno) sono i seguenti:
E per comprendere la portata di questo fenomeno, i numeri ufficiali relativi a coloro che solo negli ultimi 5 anni hanno ricevuto il decreto di espulsione dal territorio italiano (fonte: Ministero dell'Interno) sono i seguenti:
6765 decreti di espulsione nel 2013
14217 nel 2014
41503 nel 2015
54254 nel 2016
46992 nel 2017
14217 nel 2014
41503 nel 2015
54254 nel 2016
46992 nel 2017
per un totale complessivo di 163731 persone di cui le istituzioni non hanno più traccia salvo quando ce ne dà notizia la cronaca giudiziaria nel momento in cui si rendono protagonisti di reati accertati dalle forze dell'ordine oppure quando la continuazione illecita della loro permanenza in Italia viene occasionalmente scoperta durante controlli di polizia.
In questo contesto è fondamentale sottolineare e ribadire con estrema chiarezza che i clandestini presenti sul territorio italiano, poiché nella gran parte dei casi provengono da nazioni con cui l'Italia non ha ancora stipulato accordi di rimpatrio (al momento, per quanto riguarda le nazioni africane, l'Italia ha accordi bilaterali in tal senso solo con Egitto, Tunisia, Marocco e Nigeria), non possono essere rimandati coattivamente nel loro paese di origine anche se si rendono protagonisti dei crimini più efferati: in altre parole, chiunque riesca a sbarcare sulle coste italiane sa perfettamente che non potrà essere rimpatriato nemmeno se dovesse compiere i peggiori crimini.
Tutto questo, Roberto Saviano non ce lo dice.
Ma soprattutto, Roberto Saviano non ci dice che il razzismo e la xenofobia che egli denuncia continuamente possono essere combattuti efficacemente soltanto quando l'opinione pubblica si troverà a constatare che lo Stato, inteso come Stato di diritto, possiede e adopera gli strumenti normativi che consentono di discriminare, fra gli stranieri, le persone per bene dai delinquenti in base al comportamento tenuto durante la permanenza nella nazione che li ospita.
Non è azzardato ipotizzare che quella che chiamiamo "opinione pubblica", ovvero la stragrande maggioranza degli italiani, desideri fortemente che cessi l'accoglienza indiscriminata, ovvero che lo straniero colto a delinquere sul territorio italiano, dopo essere stato processato e aver scontato la sua pena, venga anche concretamente e definitivamente espulso dai nostri confini e non vi possa più tornare. Fino a quando questo non si verificherà, la parola "accoglienza" suonerà ai più come una intollerabile ipocrisia e la politica che rappresenta la protesta contro questa ipocrisia troverà sempre maggiore consenso.
Nessun commento:
Posta un commento