giovedì 16 dicembre 2010

Spalle al muro

Nel 1991 Renato Zero partecipò al festival di Sanremo con questa canzone, il cui testo conteneva un evidente messaggio di critica sociale.


E' probabile che Mariella Nava, autrice del testo della canzone, non si rendesse affatto conto del fatto che quelli fossero gli anni degli albori della new economy, il cui paradigma fondamentale era l'abbattimento dei costo di gestione attraverso la virtualizzazione di un numero sempre maggiore di elementi coinvolti nei processi di produzione e di distribuzione. Infatti abbiamo dovuto attendere sino al 1998 perché lo scrittore e saggista Kevin Kelly coniasse questo termine nel suo libro "New Rules for a New Economy".


Ma è anche probabile che ben poche menti analitiche possedessero nel 1998 la lucidità necessaria per prevedere con esattezza quali sarebbero state le conseguenze della globalizzazione, processo di cui l'avvento della new economy è stato sicuramente catalizzatore ma la cui nascita va inquadrata in un'ottica di ben più vasto respiro.


Oggi, sul finire del 2010, le prospettive sul futuro vengono percepite se possibile ancora più nebulose e ben poco si può oggettivamente prevedere riguardo ciò che ci aspetta. Le trasformazioni macroeconomiche indotte dalla globalizzazione sono ancora in divenire e non si riesce ancora a intravedere all'orizzonte dei prossimi anni dove ci porterà questo cambiamento epocale delle dinamiche dell'economia di mercato.


Possiamo però almeno provare a guardarci intorno per vedere cosa avviene nelle nostre immediate vicinanze, nelle nostre città, nei nostri posti di lavoro, nei nostri luoghi di aggregazione sociale, nelle nostre famiglie.


E a quanto pare, spalle al muro è una figura retorica che oggi non riguarda più solo gli anziani.


Spalle al muro è la generazione degli adolescenti che si troveranno di fronte a un mercato del lavoro in cui la competizione non è più finalizzata al costruirsi un futuro ma alla pura sopravvivenza.


Spalle al muro è la generazione dei trentenni che non rappresentano più ciò che si chiamava ceto medio.


Spalle al muro è la generazione dei quarantenni e dei cinquantenni che ormai sono fuori da ogni competizione e che per il mercato del lavoro sono già vecchi.


Ebbene, sappiamo tutti quali siano i diversi meccanismi che possono scattare nel momento in cui l'istinto di sopravvivenza si impossessa di un essere vivente: c'è quello che si rassegna al proprio destino accettando la sconfitta, c'è quello che fugge, e c'è quello che lotta.


Ma la lotta per la sopravvivenza non è un duello condotto secondo i riti della cavalleria: è un combattimento senza regole, senza scrupoli, senza appello e senza esclusione di colpi, che si può svolgere nella legalità o ai margini di essa e che può coinvolgere chiunque da protagonista o da vittima, quindi da vincitore o da perdente.


Stiamo quindi attraversando una fase storica in cui la competizione prende il posto della collaborazione, il nemico prende il posto dell'amico e la vittoria prende il posto della pace.


Benvenuti nel terzo millennio.




martedì 14 dicembre 2010

Il problema della rappresentatività politica


Nessun sistema è perfetto, è evidente che anche la democrazia ha i suoi punti deboli. Infatti il problema che l'Italia deve affrontare nell'attuale momento storico è la questione della rappresentatività.

Non è solo questione di meccanismi elettorali, la cosa riguarda un po' tutto il sistema istituzionale e l'impianto costituzionale. Oggi chi parla di volontà popolare esprime un concetto vuoto, soprattutto perché dal punto di vista dei rapporti fra il cittadino (elettore) e il parlamentare (eletto) non esiste un legame diretto fra consenso elettorale, comportamento del parlamentare durante la legislatura, e riaffermazione (o negazione) del successivo consenso elettorale in base al fatto che il rappresentante abbia corrisposto oppure no alle aspettative iniziali.

Il concetto di rappresentatività, infatti, è intimamente connesso al "patto elettorale" fra il cittadino e il suo rappresentante: se non sussiste questo patto, il voto perde il suo significato e il parlamentare si può ritenere libero di agire come gli pare.

Ma in Italia il parlamentare, in concreto, è effettivamente libero di agire come gli pare: lo dice a chiare lettere la Costituzione quando afferma la libertà da qualsiasi vincolo di mandato. Il Parlamentare viene eletto dai cittadini, ma secondo la Costituzione egli non rappresenta il suo bacino elettorale bensì l'intera nazione.

Questo purtroppo non va più bene. Poteva essere un concetto valido nei primi decenni della vita repubblicana, quando era strategicamente importante evitare di stringere troppo il legame tra parlamentari e partiti politici.
Oggi però il quadro politico è del tutto cambiato a livello mondiale, e ne deriva necessariamente l'esigenza di adeguare il dettato Costituzionale. Non si tratta di stravolgere niente o di mettere in discussione i valori etici fondamentali, sia chiaro: al contrario, si tratta di aumentare l'efficienza del nostro impianto istituzionale, al fine di rendere EFFETTIVA LA RAPPRESENTATIVITA' del parlamentare nei confronti di colori che gli hanno dato fiducia con il loro voto.

Guardate quello che è successo oggi, e che è già successo tante volte in precedenza: parlamentari che per lunghi periodi hanno sostenuto una determinata linea politica, hanno disinvoltamente cambiato posizione passando da uno schieramento a un altro.
E' evidente che in un sistema istituzionale moderno, come quello che per esempio troviamo in alcuni paesi anglosassoni come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, permettersi di fare un passo del genere comporterebbe una punizione politica durissima alla successiva tornata elettorale da parte della base popolare che si vedrebbe tradita nella fiducia riposta.
In Italia una cosa del genere passa praticamente in maniera indolore. Anzi, molto spesso gli uomini politici più inseriti nei meccanismi clientelari dimostrano in tal modo alla propria base elettorale la loro "capacità di agire" e la loro "forza politica".
Non va bene. A volte questi voltafaccia avvantaggiano una determinata parte politica, a volte ne avvantaggiano un'altra, ma chi ci rimette alla fine è la capacità complessiva del sistema di affrontare i problemi del paese.

Infatti è sotto gli occhi di tutti che l'attuale classe politica, nel suo complesso, non è assolutamente in grado di svolgere quello che dovrebbe essere il suo compito.
Al contrario, essa continua imperterrita a crogiolarsi nella propria autoreferenzialità, mentre la situazione al di fuori dei palazzi diventa sempre più drammatica.

E' un lusso che non ci si può più permettere.

Voto a perdere.

L'unico effetto realmente importante del voto di fiducia di oggi, qualsiasi ne sia il risultato numerico, sarà la possibilità che la magistratura possa riprendere in breve, oppure no, ad agire nei confronti del Presidente del Consiglio, nel contesto dei procedimenti giudiziari che lo vedono coinvolto.
Le eventuali dimissioni di Berlusconi, infatti, porterebbero automaticamente al termine della protezione legale conferitagli dalla norma sul legittimo impedimento.
Questo ovviamente è un motivo oggettivo per cui Silvio Berlusconi non darà mai e poi mai le dimissioni di sua volontà: resta infatti, ed è notizia proprio di questa mattinata, rinviata all'11 gennaio prossimo l'udienza della Corte costituzionale in cui si discuterà della legittimità della norma di cui sopra, e poiché esiste pur sempre la possibilità che la Corte confermi la validità della legge, appare evidente che qualsiasi ipotesi di dimissioni di Berlusconi sarebbe da considerarsi assolutamente illogica e prematura - nell'ottica del suo personale interesse - prima del pronunciamento della Corte.


Tornando a discutere degli interessi della nazione, invece, è necessario constatare che l'esito del voto di fiducia non ha alcuna rilevanza nel determinare ciò che in realtà si è già oggettivamente verificato, ovvero il dissolvimento di una maggioranza politica solidissima all'atto dell'insediarsi del governo e oggi invece ridotta a sopravvivere per uno o due o comunque pochissimi voti di differenza.
Uno statista vero non potrebbe non prendere atto di questa situazione e si regolerebbe di conseguenza, al di là di quali possano essere le cause e le responsabilità di questo stato di fatto.
Sembra però che l'attuale maggioranza non intenda convertirsi al pragmatismo, rimanendo quindi ancora una volta ancorata ai soliti bizantinismi.


Ma allora, chi è la vera vittima di questo voto a perdere?


sabato 11 dicembre 2010

J'Accuse

La tragedia annunciata si è dunque consumata nell'indifferenza generale.
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/379536/


IO ACCUSO i magistrati che hanno gestito gli antefatti di questo caso di non aver voluto applicare con la massima severità le pene previste dalla legge.

IO ACCUSO i magistrati che hanno gestito gli antefatti di questo caso di non aver avuto il coraggio di denunciare chiaro e forte, prima del verificarsi di quest'ultima preannunciata tragedia, l'insufficienza degli strumenti messi a loro disposizione dalla vigente legislazione.

IO ACCUSO gli organi giurisdizionali della magistratura penale di non aver voluto mettere in atto le più clamorose iniziative di protesta contro le conclamate inadeguatezze del nostro sistema giuridico forte solo con i cittadini onesti e debole con i delinquenti senza scrupoli.

IO ACCUSO Marco Pannella di essere sempre e comunque intervenuto a favore dei colpevoli e mai a favore delle vittime.

IO ACCUSO la classe politica italiana di voler continuare a perpetrare l'infamia che per garantire a loro stessi l'impunità non si fa scrupolo di lasciare impunite le tante belve sanguinarie che infestano la nostra società.

IO ACCUSO i mezzi di comunicazione e i protagonisti della platea mediatica di essere asserviti al potere e incapaci di prendere posizione contro lo squallore che ci circonda, essendosi dimostrati interessati solo alla ricerca dell'indice di ascolto.


venerdì 10 dicembre 2010

Il mercato delle vacche.

Le ridicole sceneggiate a cui assistiamo in questi giorni non provengono da spettacoli televisivi di quart'ordine o da estemporanei teatrini di strada, ma nascono all'interno della massima espressione della democrazia costituzionale e dello Stato di diritto, ovvero il Parlamento della Repubblica.


E' sotto gli occhi di tutti già da diversi giorni, infatti, un insieme di manovre di corteggiamento e di persuasione tendenti a conquistare l'appoggio di parlamentari dell'opposto schieramento in vista della ormai prossima scadenza del voto di fiducia che con ogni probabilità il 14 dicembre sancirà in un senso o nell'altro il destino dell'attuale governo e forse anche di questa stessa legislatura.


Di per sé, tutto ciò rientrerebbe in un quadro di normalità istituzionale; il parlamentare in effetti agisce senza vincolo di mandato, il che vuol dire che egli risponde esclusivamente alla sua coscienza e può insindacabilmente decidere come esercitare tale mandato in ogni aspetto delle funzioni che è chiamato a svolgere: egli è libero di seguire oppure no le indicazioni politiche del suo partito o del suo gruppo parlamentare di appartenenza, ed è parimenti libero di uscire da un gruppo parlamentare, iscriversi a un altro oppure formarne uno nuovo, purché si rispettino gli adempimenti formali procedurali previsti dai regolamenti parlamentari.


In cosa, dunque, l'attuale situazione presenta aspetti moralmente censurabili? E' semplice: ci troviamo di fronte a manovre in cui la posta in gioco non è in alcun modo riconducibile a considerazioni di ordine politico ma solo ed esclusivamente a interessi personali di carattere puramente venale. Il vile denaro da intascare direttamente, oppure altro tornaconto.


Il mercato delle vacche, appunto.