venerdì 21 gennaio 2011

Facciamo il punto...


Dopo tutta una settimana passata ad assistere a esibizioni degne della migliore tradizione della sceneggiata napoletana, confesso che la scorsa sera non ce l'ho fatta a terminare la visione della trasmissione di Paragone. In compenso ho avuto modo di aggiungere alla mia collezione mnemonica un'altra spassosissima performance di tal Sgarbi Vittorio, che ha iniziato il suo consueto show affermando candidamente una cosa completamente falsa (e cioè che il CSM avrebbe "dato torto" al pm Annamaria Fiorillo e "ragione" al ministro Maroni circa la nota vicenda della notte in questura a Milano, mentre invece il CSM ha semplicemente fatto presente di non potersi pronunciare nel merito per difetto di competenza specifica); successivamente il nostro coreografico oratore ha dato del "mafioso" a Peter Gomez, e infine ha sostenuto la tesi che il Tribunale dei Ministri avrebbe la stessa dignità della Procura della Repubblica di Milano (e chi potrebbe mai negare il contrario? è pacifico che tutti i tribunali abbiano la stessa dignità istituzionale) e che quindi per questo motivo gli atti della parte di indagini in cui è coinvolto Berlusconi dovrebbero appunto passare dal Tribunale di Milano al Tribunale dei Ministri.
Dimenticando (o forse è lui a essere giuridicamente poco informato) che quello che conta non è certamente la dignità di un tribunale rispetto a un altro ma esclusivamente la competenza procedurale, che è un fatto oggettivo in quanto abbondantemente normato.


Ma del resto, per chi non ha alcuna competenza in questa materia (e Sgarbi Vittorio certamente non ne ha) è oggettivamente difficile parlarne senza rischiare di incorrere in strafalcioni e castronerie assortite. Sono i cosiddetti "rischi del mestiere" per gli oratori improvvisati, poco informati o - peggio - semplicemente ignoranti come capre. Discorso, questo, che naturalmente riveste carattere generale poiché vale per chiunque e per qualsiasi ramo dello scibile.

Morale della favola: oltre a saper parlare, in certe occasioni sarebbe bene imparare a saper tacere, almeno al fine di evitare pessime figure o - al limite - per non correre il rischio di far sorgere in chi ascolta il sospetto di una volontà mistificatoria.

Qualche punto fermo si può comunque mettere:

1. è oggettivamente dimostrato, stando anche alle stesse ammissioni del Presidente del Consiglio, che diverse fra le sue residenze private sono state ripetutamente frequentate in parecchie occasioni conviviali da donne giovani e avvenenti;

2. è oggettivamente dimostrato, stando anche alle stesse ammissioni del Presidente del Consiglio, che molte fra queste donne giovani e avvenenti hanno ricevuto dazioni di danaro in occasione di tali convivialità, e che questo è avvenuto su disposizione e per volontà del padrone di casa;

3. nell'occasione in cui la (allora) minore detta "Ruby" venne portata presso la questura di Milano, la Presidenza del Consiglio si è ripetutamente e sollecitamente attivata perché la minore in questione venisse affidata alla signora Nicole Minetti;

4. una volta espletate le formalità dell'affido, la signora Minetti si è però sollecitamente liberata di tale incombenza ponendo la minore sotto la custodia di altra persona.

Questi sono FATTI CERTI.

E sulla base di questi FATTI CERTI, almeno una deduzione la possiamo fare serenamente: ovvero, quella famosa notte in questura il Presidente del Consiglio era già perfettamente a conoscenza del fatto che la ragazza identificata con il nome d'arte di Ruby Rubacuori fosse minorenne. In caso contrario non si spiegherebbero le ripetute e insistenti telefonate con cui si proponeva l'affido della suddetta Ruby alla signora Minetti. Infatti sappiamo tutti che l'affido è un istituto normativamente previsto solo per chi è minorenne.

In ogni caso, per il punto 4. e per tutte le altre questioni che si riferiscono a ipotesi di reato, lasciamo volentieri il tutto alla attenta trattazione da parte dell'autorità giudiziaria competente (quale che essa sia) e ne attendiamo i risultati senza voler in alcun modo entrare nel merito.

Per i punti 1. 2. e 3. invece ritengo che si possa esprimere un giudizio di pura opportunità, scevro da qualsiasi considerazione moralistica e partendo dal presupposto che non vi si configurino illeciti fino a prova contraria.

Ebbene, molti sostenitori del Presidente del Consiglio affermano chiaro e tondo che non vedono nulla di male nell'andirivieni di giovani donne presso le residenze del Presidente del Consiglio, poiché egli sarà ben libero di gestire la sua vita privata e le sue relazioni sociali come meglio crede, al pari di qualsiasi altro cittadino.

Io invece ritengo che un qualsiasi personaggio che riveste una carica pubblica, che sia egli un vigile urbano oppure magistrato oppure ispettore del lavoro oppure anche Presidente del Consiglio, ha delle responsabilità da cui non può prescindere semplicemente perché è "terminato il suo orario d'ufficio".
Responsabilità che contemplano ANCHE quella di proteggere la sua figura istituzionale e la sua persona dal pericolo di incorrere, anche suo malgrado, in operazioni mediatico-scandalistiche o in veri e propri ricatti.
Il cittadino, infatti, ha il diritto di pretendere che chi riveste una carica pubblica eviti di mettersi in situazioni che possano fargli correre il rischio di essere ricattato, perché è facile immaginare che un eventuale ricatto potrebbe influire anche sulle sue scelte e sulle sue decisioni nell'ambito della funzione pubblica che egli svolge.

La storia, non dimentichiamolo, è piena zeppa di spiacevoli episodi di questo tipo.

Una persona che non è capace di comprendere, o che coscientemente si rifiuta di applicare, queste semplici ed elementari norme di prudenza, per me non è adatto a rivestire il suo ruolo e quindi dovrebbe dimettersi.

Marrazzo l'ha capito troppo tardi, Berlusconi non ancora.

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