Come capita regolarmente ogni volta che si verifica una crisi politica, tutti gli attori del teatrino della cosiddetta "seconda repubblica" cominciano a strepitare e ad accollarsi l'un l'altro le più diverse responsabilità, in una rituale quanto squallida rincorsa a chi urla più forte, più spesso e nei più diversi luoghi mediatici.
Quando penso agli anni "eroici" dei vari Fanfani, Longo, Almirante, De Mita, Zanone e via discorrendo, mi vengono in mente tribune politiche piene di occhialuti ottuagenari in doppiopetto che attendevano educatamente il proprio turno per parlare e, arrivato il loro momento, si lanciavano invariabilmente in prolissi artifizi retorici infarciti di improbabili espressioni del tipo "convergenze parallele", "riforme di struttura", "piattaforma programmatica" e altre supercazzole di fattura più o meno pregiata a seconda dell'abilità retorica dell'oratore e dell'arguzia dello stesore del discorso.
In realtà anche quello era solo un teatrino del tutto privo di contenuti: si andava in tv semplicemente per dimostrare che, essendo in democrazia (cristiana, s'intende) vi era libertà di parola e di espressione, fatto, questo, che per l'uomo della strada era già parecchio rassicurante e gratificante rispetto a ciò che non molti anni prima milioni dei telespettatori di allora avevano sperimentato con la censura e il totalitarismo della dittatura fascista.
Insomma, Fanfani & company andavano a svolgere il loro compitino di fronte a un pubblico che, in verità, aveva spesso un sacro terrore delle tribune politiche, le quali nelle famigliole in ascolto provocavano per lo più subitanee crisi di sonno o addirittura anomali fenomeni di tipo letargico. Poi, però, a riflettori spenti, nelle segrete stanze, ci si riuniva, si consultava il manuale Cencelli, si discuteva, si analizzava, si poneva rimedio a qualche intoppo e si usciva invariabilmente dalla crisi con un bel rimpasto in cui qualche ministero cambiava casacca, qualche sottosegretario veniva spostato da una poltrona a un'altra e non di rado il presidente del Consiglio succedeva a sé stesso rifacendo un "nuovo" governo in cui, cambiando l'ordine dei fattori, il risultato politico complessivo rimaneva esattamente lo stesso.
E si tirava avanti in un modo o nell'altro, tutti insieme a braccetto, destra, sinistra, centro, centro-destra, centro-sinistra, centro-sinistra-centro, centro-centro-sinistra, ecc. ecc.
Ma con l'avvento della multimedialità e della multicanalità informativa, il cui inizio in Italia deve essere fatto coincidere con l'apertura ai privati delle frequenze televisive, le cose cominciarono a cambiare: la lottizzazione della tv di Stato in favore di DC, PSI e PCI e l'ingresso in campo di soggetti privati nel business della carta stampata e del piccolo schermo diedero la stura a un processo di ristrutturazione del quadro politico in senso decisamente meno frammentario: con la concentrazione del controllo dei media pubblici e privati nelle mani di pochi soggetti istituzionali e imprenditoriali, concentrazione che nessuno si sognò neanche lontanamente di regolamentare dal punto di vista normativo, si posero anche le basi per una agglomerazione politica che ebbe il suo definitivo catalizzatore nell'insieme di azioni giudiziarie, definite come "Mani Pulite", che portò a una drastica contrazione numerica dei soggetti politici, i quali vennero man mano sostituiti dalle nuove formazioni scaturite dall'avvento del bipolarismo. O di qua o di là. O così o pomì.
Fu un cambiamento solo di facciata, naturalmente: i rapporti di forza fra i "poteri forti" non ne vennero scalfiti, e assistemmo a una straordinaria operazione di riciclaggio su vasta scala in cui personaggi di seconda e terza schiera, che precedentemente erano semplici fattorini o portaborse dei potenti di turno, con la decadenza di questi ebbero l'occasione di prenderne il posto e di poter finalmente addentare la loro fetta di torta invece di accontentarsi delle briciole. E la fame arretrata era così tanta che costoro non si fermarono di fronte a nulla pur di mantenersi avvinghiati alla poltrona conquistata dopo una durissima gavetta, una gavetta che peraltro era solo la inevitabile conseguenza della loro inettitudine politica rispetto ai personaggi dominanti della prima repubblica.
Questo però fu per l'Italia repubblicana l'inizio della crisi più drammatica della sua storia: l'inettitudine, l'opportunismo e la disonestà della nuova classe politica non potevano certo essere i presupposti necessari per ben guidare la nazione nella tempesta economica globale e negli sconvolgimenti geopolitici di questo inizio di terzo millennio, quando sarebbero stati necessari personaggi di ben altro spessore: ci ritroviamo quindi oggi con una nazione umiliata, una economia depressa, una credibilità internazionale scesa ai minimi livelli, e un panorama politico in cui da una parte vi è una accozzaglia di ripugnanti cialtroni da un tanto al chilo letteralmente al soldo di un delinquente pregiudicato, dall'altra parte vi è una marmaglia di inetti opportunisti la cui intelligenza politica è mediamente pari a quella di un lemure del Madagascar, mentre alla periferia di questa tragicomica cittadella sopravvivono nella loro nicchia elettorale veri e propri dinosauri che si ammantano di improbabili e surreali aspirazioni federaliste o di altrettanto imbarazzanti revisionismi catto-comunisti.
L'unico soggetto politico presumibilmente genuino, effettivamente rappresentativo di una consistente fetta di società e figlio di questi tempi, è una formazione che purtroppo è ancora troppo acerba per poter svolgere un ruolo realmente propositivo nell'attuale scenario politico. E non sappiamo se all'Italia resta il tempo sufficiente per attendere la sua maturazione.
Così come siamo messi, quindi, siamo allo sbando più totale. Qualcuno ha un'aspirina?
Nessun commento:
Posta un commento