giovedì 12 giugno 2014

Il pesce puzza dalla testa, anche se è a 5 stelle.

In questi ultimi giorni alcuni grossi nodi stanno venendo al pettine, in merito allo stato di salute politica del Movimento 5 Stelle.
In particolare, vi sono tre eventi che non possono passare sotto silenzio e che rappresentano il sintomo più evidente della disgregazione strutturale già manifestatasi durante la deludente campagna elettorale alle elezioni europee: parlo dell'astensione del M5S alla Camera nel momento in cui si è votato l'emendamento leghista riguardo la responsabilità civile dei magistrati; parlo dei ripetuti attacchi al sindaco di Parma dalle pagine del blog di Beppe Grillo; e parlo del referendum on line per decidere sul gruppo parlamentare a cui iscriversi al Parlamento europeo.

L'ASTENSIONE SULLA RESPONSABILITA' CIVILE DEI MAGISTRATI

Senza entrare nel merito della questione, prendo atto della spiegazione che la deputata Giulia Sarti ha dato riguardo la scelta dell'astensione.

Oggi ci siamo astenuti alla Camera sull’emendamento di Pini (Lega) per introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati. La nostra è stata pura strategia politica. Il PD avrebbe votato contro, dicevano. E allora, li abbiamo messi alla prova PER VEDERE SE FANNO QUELLO CHE DICONO. 
Risultato contrario: il PD si è spaccato, non
 solo, la maggioranza ha votato a favore e quindi l’emendamento è passato. 
Noi restiamo contrari a questa misura e infatti al voto definitivo che ci sarà in Senato, quello che conta, voteremo compatti CONTRO. 
È emersa di nuovo l’INCOERENZA DEL PD, il passaggio di questo emendamento è la dimostrazione che LE LARGHE INTESE CONTINUANO!
I VOTI PARLANO CHIARO. 
Voglio rispondere al deputato Danilo Leva (PD) che ci accusa dicendo: “Tanto rumore per nulla”. 
QUI NON SI TRATTA DI RUMORE MA DI FATTI: oggi il PD ha palesemente dimostrato di essere spaccato. La maggioranza vuole la responsabilità civile diretta dei magistrati. 
È inutile nascondersi e minimizzare. Le larghe intese funzionano benissimo e sono loro i migliori alleati del centrodestra. Ci siamo astenuti solo ed esclusivamente per far emergere questo dato davanti agli occhi di tutti. 
A chi dice che siamo noi i responsabili dell’approvazione di questo emendamento rispondo che NOI NON SIAMO LA STAMPELLA DELLA MAGGIORANZA. 
Loro hanno i numeri in Aula per far passare alla Camera quello che vogliono. Se il PD fosse stato unito nel giudicare questo emendamento come un danno all’indipendenza e alla tutela della magistratura, avrebbero potuto benissimo non farlo approvare. Invece no, scaricano la colpa sull’opposizione perché non sanno come giustificare 60 voti del loro partito che sono in linea con il centrodestra!
Vorrei sottolineare che Danilo Leva mente anche quando dichiara di aver presentato in commissione giustizia una riforma organica della legge Vassalli: la sua proposta di legge consta di UN UNICO ARTICOLO che comporta un semplice adeguamento della normativa interna a quella europea.
 
(fonte: Facebook)

Ebbene, Giulia Sarti non me ne vorrà, ma considero questo tipo di approccio ai lavori parlamentari assolutamente inaccettabile. Le aule di Camera e Senato e le commissioni parlamentari non possono essere luoghi in cui i diversi soggetti politici lottano per accaparrarsi o per mantenere rendite di posizione a scapito di questo o di quell'altro, bensì aree in cui il confronto dialettico fra le diverse posizioni deve portare a risultati concreti.

Far fare "brutta figura", "smascherare" il proprio avversario o metterne in risalto le debolezze o le contraddizioni non può essere considerato un fine, né tattico né strategico, dell'azione politica di un partito, perché se tale azione si esaurisce in simili improduttive schermaglie rappresenta una mera perdita di tempo e non produce alcuna utilità alla nazione. E non è questo che si richiede ai rappresentanti del popolo. Ad essi si richiede di fare, di agire, di produrre risultati, essendo solo i risultati elementi degni di essere utilizzati dagli elettori come parametri e come presupposti per decidere se confermare oppure no la fiducia ai rappresentanti scelti in precedenza.

Con la sua astensione, finalizzata essenzialmente a mettere in evidenza la fragilità politica del Partito Democratico nell'aula parlamentare, il Movimento 5 Stelle ha rinunciato a priori a svolgere la funzione che ad ogni soggetto politico è richiesta: prendere una posizione nel merito delle questioni di cui si discute. Certo, anche l'astensione a volte può essere considerata come una presa di posizione, ma questo avviene solo quando essa è motivata con ragioni direttamente inerenti l'argomento in questione, condivisibili o meno che siano.

L'astensione strumentale, invece, è un abominio politico ed è indice di scarsa maturità: essa, in fin dei conti, potrebbe essere attuata in qualsiasi momento, quale che sia l'argomento in discussione, e proprio in questo sta la sua inaccettabilità come metodo. E in questo caso nessuna rilevanza ha la promessa di esprimersi nel merito in Senato: anche l'aula della Camera è Parlamento, e anche lì bisogna fare correttamente il proprio lavoro.

Al posto di Giulia Sarti, quindi, io non sarei affatto felice di come il Movimento 5 Stelle si è comportato e coglierei invece l'occasione per riflettere su cosa vuol dire veramente agire nelle istituzioni per il bene dei cittadini. Da Aristotele a Machiavelli, è questa la politica. Non i giochini di palazzo.

Al posto di Giulia Sarti, inoltre, io mi chiederei in base a quale principio dovrebbe essere considerato prioritario l'obiettivo di metterle a nudo le contraddizioni del Partito Democratico, rispetto al fatto di fornire il proprio contributo nell'occasione in cui si legifera su un argomento come il rapporto fra giudice e cittadino, argomento oggettivamente di importanza fondamentale per la vita democratica di una nazione.

Al posto di Giulia Sarti, infine, io mi interrogherei su come possa dimostrarsi credibile un soggetto politico che al suo interno non presenta una cultura di base tale da dare ai suoi componenti l'opportunità di porre in atto la necessaria riflessione sulle ragioni del loro essere e del loro agire.

E' peraltro evidente che l'attuale leadership del Movimento 5 Stelle, ovvero Grillo e Casaleggio, non possiede tali fondamenta di cultura politica. Sarà quindi il caso che la pattuglia parlamentare del Movimento si prepari a crescere e a maturare in autonomia. Non è una opzione, è un loro preciso dovere.

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