martedì 23 settembre 2014

la Costituzione? carta straccia...

Nell'Italia di questo terzo millennio in cui l'unico aggettivo adatto alla politica è "decadenza", non sorprende che silenziosamente e nella quasi completa indifferenza dell'opinione pubblica si continui pervicacemente a portare avanti un progetto di stravolgimento istituzionale che se non è un vero e proprio colpo di stato poco ci manca.
All'apparenza tutto sembra continuare a (non) funzionare come sempre, come al solito, ma l'apparenza al giorno d'oggi è ormai diventata solo la foglia di fico dietro la quale si nasconde, anche se alquanto malamente, lo scardinamento delle funzioni dei massimi livelli dell'organigramma politico, in barba alla struttura istituzionale prevista dai Padri Fondatori.

Facciamo un esempio.

Proprio l'altro giorno, mentre negli ambienti politici teneva banco il dibattito sul destino dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, il più impresentabile e inascoltabile inquilino che abbia mai messo piede sul Colle se n'è seraficamente uscito con un'altra delle sue esternazioni, ribadendo la necessità improcrastinabile di andare avanti con il processo di riforme e inserendo un nemmeno troppo tanto velato richiamo alla legislazione sul lavoro.
Ora, anche prescindendo dal fatto che più d'uno, fra i disoccupati, i cassintegrati e gli esodati si è sicuramente chiesto cosa cazzo capisca di lavoro (quello vero) questo vecchio collezionista di poltrone per sé e per i suoi famigli, visto che nella sua biografia non compare il benché minimo accenno a una qualsivoglia attività di carattere produttivo se si fa eccezione per una bibliografia sconosciuta ai più, il problema è che non è affatto carino che il presidente della Repubblica entri nel merito del dibattito politico, considerato che l'unica forma di attività prevista per questo ruolo istituzionale, in rapporto al Parlamento e alla relativa attività legislativa, è soltanto il mero invio di "messaggi alle Camere".

Ah già, il Parlamento. Capita proprio a fagiolo.

Dunque, questa istituzione sarebbe il fulcro centrale dell'attività legislativa, attività preclusa sia alla magistratura, le cui sentenze non costituiscono fonte normativa, sia al governo, che ha (o per meglio dire, avrebbe) a disposizione solo gli strumenti della decretazione d'urgenza.
Lo spettacolo a cui oggi assistiamo regolarmente, invece, è quello di un Parlamento ormai completamente svuotato delle sue funzioni legislative e ridotto a puro e semplice accettatore dei più disparati decreti legge emanati dal governo. E quando c'è qualcuno che nicchia, ecco subito pronto il voto di fiducia. E quando c'è qualcuno che si mette di traverso, ecco subito pronta la ghigliottina di Lady Boldrinova, che del resto a qualcosa dovrà pur servire se è stata messa lì, no?

A questo punto anche nei più ingenui di voi si sarà fatta sicuramente strada una sorta di inquietudine, un embrionale disagio che piano piano assume i contorni della perplessità: ma come, vi chiederete giustamente, in Italia non dovrebbe esserci la separazione dei poteri, ovvero il Parlamento fa le leggi, il governo le fa applicare e la magistratura le fa rispettare, ciascuno in perfetta autonomia rispetto agli altri e senza invadere le altrui competenze?

Beh, sì, naturalmente. Anzi, no.

No, perché quello che si sta prefigurando è un golem, un asso pigliatutto costituito dalla figura del premier che sceglie accuratamente e insindacabilmente i suoi (suoi di lui) rappresentanti in Parlamento, li fa eleggere con il meccanismo delle liste bloccate e li controlla a distanza con la minaccia della non ricandidatura alla prossima legislatura.
Un giochino, questo, già evidente anche adesso, dato che Sua Bassezza Matteo Renzi è già lì con carta, penna e calamaio in mano a minacciare elezioni anticipate ai frondisti o presunti tali del suo (suo di lui) partito che non se la vogliono dare per inteso riguardo la cancellazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori.

Insomma, siamo allegramente passati dal governo di legislatura al governo legislativo.
Alla faccia della Costituzione. Come volevasi dimostrare.

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