Periodicamente, sui media e sui social networks si riaffaccia la questione dei migranti che, come sempre, scatena la solita ridda di commenti e di prese di posizione più o meno qualunquistiche da una parte e dall'altra, riproponendo il solito stucchevole confronto fra "-isti" di ogni posizione, soprattutto buonisti e razzisti.
In realtà il problema potrebbe essere compreso nei suoi aspetti oggettivi senza eccessive difficoltà, basterebbe accendere il cervello e scremare i fatti dalle chiacchiere, dalle strumentalizzazioni e dalle leggende metropolitane.
Prima di tutto è bene sottolineare che che le cause scatenanti dei fenomeni migratori vanno individuate in fattori geopolitici ben più rilevanti di un occasionale, anche se drammatico, "imprevisto" quale potrebbe essere un disastro naturale o lo scatenarsi di conflitti locali. In questi ultimi casi non si creano migranti ma rifugiati, ovvero persone costrette ad abbandonare provvisoriamente la loro dimora ma desiderose di ritornarci nel momento in cui cessa l'emergenza e si ristabiliscono condizioni di sufficiente sicurezza.
La differenza fra migrante e rifugiato è fondamentale e deve essere tenuta ben presente, perché la migrazione è un fenomeno causato dall'interazione fra fattori sociali, ambientali e economici che nessuna nazione o organizzazione sovranazionale è in grado di gestire o di influenzare sia pur minimamente nel breve periodo, mentre la gestione dei rifugiati è più facilmente affrontabile poiché si tratta per sua natura di un momento di crisi a cui si può far fronte con adeguate misure di supporto e di solidarietà a livello locale o internazionale. Possiamo citare i casi del terremoto ad Haiti e a Timor Est, del disastro di Fukushima, o di altri casi in cui l'emergenza è di tipo alimentare o sanitario (siccità, epidemie...) e ha fatto scattare le iniziative di soccorso che la cronaca mediatica ci ha già descritto e la cui necessità non è mai stata messa in alcun modo in discussione: vero è che violente critiche vi sono state, e in diversi casi si sono anche rivelate fondate, sul modo in cui gli stanziamenti sono stati impiegati e sul verificarsi di sprechi e di inefficienze, ma nessuno ha mai preso formalmente posizione contro l'obbligo umanitario di portare soccorso e di prendersi cura delle vittime di disastri, guerre o persecuzioni.
Proprio per questo sono state create strutture e istituzioni di vario tipo che hanno come ragione di essere proprio questa funzione: UNHCR, Protezione Civile, associazioni di volontariato e così via.
Il fenomeno migratorio, invece, si pone in genere su ordini di grandezza ben più rilevanti, poiché i suoi protagonisti sono persone che hanno deciso di abbandonare definitivamente la loro dimora e andare a stabilirsi altrove, e questo in genere avviene quando si percepisce la totale insostenibilità della condizione umana nel proprio habitat, in altre parole la sopravvenuta mancanza delle condizioni minime indispensabili per la sopravvivenza. Anche in questo caso ci troviamo senza dubbio di fronte a una situazione di emergenza, ma tale emergenza non trova soluzione nell'attivazione delle istituzioni di sostegno ai rifugiati, perché queste ultime non sono materialmente in grado di fornire al migrante ciò di cui questi in definitiva ha bisogno: una casa e un lavoro nella destinazione in cui egli ha deciso di trasferirsi.
La storia ci dice che in molti casi la richiesta di casa e lavoro è stata soddisfatta: nel diciannovesimo secolo, per esempio, le Americhe sono state il punto di arrivo di fenomeni migratori massicci, provenienti sia dall'Europa che dall'Asia, e tutto questo perché lo sviluppo economico nel Nuovo Continente ha comportato una notevole richiesta di manodopera a tutti i livelli e di conseguenza anche la capacità di assorbire adeguatamente il flusso demografico in entrata.
In altri casi, invece, il fenomeno migratorio non ha fatto altro che aggravare una situazione di depressione e di disoccupazione già preesistente ed è quindi diventato un ulteriore fattore di destabilizzazione sociale, tanto da portare le autorità politiche a prendere decisioni drastiche come il blocco delle frontiere.
Fatta quindi la dovuta e opportuna distinzione con le emergenze umanitarie dei veri e propri rifugiati a qualsiasi titolo, a questo punto ritengo che la domanda che dobbiamo porci è se, e entro quali termini, l'Italia sia in grado di offrire ai migranti ciò che essi chiedono: casa e lavoro.
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