domenica 26 agosto 2018

Migranti? ma anche no, con buona pace di Roberto Saviano.

"Finalmente l’odissea di tutti i migranti della Diciotti è finita. Sono stati accolti dopo giorni di sofferenze. È una notizia bellissima. In queste ore la CEI sta individuando le strutture sul territorio italiano disponibili per l’accoglienza.
Grazie agli uomini di buona volontà che hanno reso possibile la fine di queste prolungate e insensate sofferenze. Grazie."
(Roberto Saviano, Facebook)


I demagoghi, quale che sia la loro matrice politica o ideologica, hanno sempre avuto tutti in comune la chirurgica padronanza degli strumenti della comunicazione.
Tale padronanza, s'intende, non implica affatto che vi sia verità e solo verità nei messaggi che diffondono: al contrario, è propria di questi individui la straordinaria capacità di trasfigurare e di manipolare la realtà per piegarla e plasmarla in funzione degli scopi che essi si prefiggono. In questo Roberto Saviano è certamente un maestro, molto più di quanto lo siano altri intellettuali suoi contemporanei.
Infatti, ad una analisi accurata delle sue considerazioni sulla vicenda delle persone raccolte da nave Diciotti, possiamo agevolmente riconoscere gli elementi essenziali della propaganda e della mistificazione ideologica.
Prima di tutto, salta all'occhio anche per lui l'utilizzo, diffusissimo ma in questo caso tecnicamente del tutto improprio, del termine "migranti". Le persone in questione, al momento, sono naufraghi sulla cui identità e nazionalità nulla è ancora stato ufficialmente accertato. E in qualità di naufraghi, queste persone sono state soccorse da nave Diciotti e successivamente condotte nel porto di Catania secondo le istruzioni ricevute dalle autorità competenti.
Al momento, peraltro, non è ancora chiaro a che titolo avverrà l'operazione di ricollocamento di queste persone rispettivamente in Albania, in Irlanda e presso strutture di accoglienza della Chiesa Cattolica. E' invece pacificamente accertato che nessuna di queste persone possiede né un documento che ne attesti la cittadinanza di uno dei paesi UE e né un regolare visto d'ingresso rilasciato da una autorità consolare italiana.
In mancanza di tali documenti, quindi, per quanto riguarda almeno le persone che rimarranno in Italia, poiché le strutture di accoglienza della Chiesa Cattolica non godono di extraterritorialità ci troviamo di fronte con tutta evidenza a un ingresso illegale sul nostro territorio.
Tale condizione giuridica può essere temporaneamente sanata soltanto qualora le persone in questione richiedano ufficialmente di accedere alle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati o dalle norme ad essa correlate; in tal caso, essi diventeranno "richiedenti asilo" e il destino di ciascuno di loro dipenderà dall'esito della loro richiesta: se verrà accertata la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma, potranno beneficiare del supporto destinato ai rifugiati o ai destinatari di protezione umanitaria o sussidiaria; in caso contrario, riceveranno un decreto di espulsione che ordinerà loro di lasciare il territorio italiano.
In tutto questo processo, il termine "migranti" non compare mai e mai potrebbe comparirvi nella sua reale accezione, poiché "migrante" viene definito colui che, spinto dal desiderio di migliorare una condizione di vita precaria in un'area depressa, decide di spostarsi in altra zona della sua nazione di appartenenza oppure di trasferirsi all'estero, con l'intento di rimanervi provvisoriamente o definitivamente. Di tale fenomeno, alcuni esempi che hanno coinvolto larghe masse della popolazione italiana sono, come ben sappiamo, le migrazioni verso le Americhe a cavallo fra il XIX e il XX secolo e le migrazioni dal meridione al settentrione della nostra nazione negli anni '50 e '60 durante il periodo del boom economico postbellico. Questi spostamenti hanno comunque avuto tutti in comune un fattore ben preciso, ovvero il controllo da parte delle autorità sulla stragrande maggioranza dei flussi, un controllo che in diverse occasioni è stato solo l'ultimo ingranaggio di un meccanismo avviato direttamente dalle nazioni destinatarie come risposta alla crescente richiesta interna di manovalanza in presenza di un'economia in pieno sviluppo in determinati settori.
E' anche opportuno sottolineare che l'esercizio di tale controllo, a cui mai le nazioni destinatarie dei flussi migratori hanno inteso rinunciare, consisteva non solo nella contingentazione degli ingressi in funzione delle necessità di manodopera ma anche nel respingimento di chi non presentava i requisiti volta per volta richiesti.
Tutto questo, oggi in Italia non avviene.
Coloro che si presentano alle nostre frontiere provenienti dalle sponde africane del Mediterraneo non hanno praticamente mai documenti di identità validi, non hanno una nazionalità accertabile e giuridicamente riconoscibile dal loro presunto paese di provenienza, e non giungono sulle nostre coste per rispondere a una qualsivoglia domanda di manodopera, quindi non possono in alcun modo essere definiti "migranti" nell'accezione giuridica più corretta del termine. Ma al di là della questione meramente lessicale, tutto questo fa sì che manchino completamente i presupposti per un loro inserimento temporaneo o definitivo nel contesto socioeconomico italiano, e rende peraltro anche del tutto impossibile il respingimento al paese di origine di coloro la cui domanda di asilo non viene accolta.
Ci troviamo quindi ad affrontare una situazione in cui coloro che ottengono in Italia lo status di rifugiato o di destinatario di protezione umanitaria o sussidiaria hanno come prospettiva una permanenza a tempo indeterminato in strutture di accoglienza, a spese della collettività e senza reali prospettive di integrazione sociale, non essendo al momento il mercato del lavoro del nostro paese in grado di assorbire tale ipotetica offerta di manodopera.
Coloro a cui invece la domanda di asilo viene respinta e che di conseguenza ricevono il decreto di espulsione con l'ordine di rimpatrio, da quel momento sono giuridicamente "clandestini", quindi non hanno più il diritto di permanere sul territorio nazionale e non possono più soddisfare in un contesto di legalità le più elementari necessità individuali, come per esempio l'accesso al lavoro o alla previdenza sociale. Queste persone hanno dunque elevatissime probabilità di entrare nella clandestinità sociale oltre che giuridica, il che vuol dire entrare nel circuito della microcriminalità, oppure associarsi alla manovalanza criminale dei racket gestiti dalle mafie italiane o straniere presenti sul territorio nazionale (cosa di cui Roberto Saviano ha, come è noto, una approfondita conoscenza), oppure entrare nel circuito dello sfruttamento indotto dal lavoro nero o anche peggio, ove per "peggio" si intende, per fare solo qualche esempio, la radicalizzazione terroristica di stampo religioso oppure il terribile destino del mercato di organi o del sesso.
E per comprendere la portata di questo fenomeno, i numeri ufficiali relativi a coloro che solo negli ultimi 5 anni hanno ricevuto il decreto di espulsione dal territorio italiano (fonte: Ministero dell'Interno) sono i seguenti:
6765 decreti di espulsione nel 2013
14217 nel 2014
41503 nel 2015
54254 nel 2016
46992 nel 2017
per un totale complessivo di 163731 persone di cui le istituzioni non hanno più traccia salvo quando ce ne dà notizia la cronaca giudiziaria nel momento in cui si rendono protagonisti di reati accertati dalle forze dell'ordine oppure quando la continuazione illecita della loro permanenza in Italia viene occasionalmente scoperta durante controlli di polizia.
In questo contesto è fondamentale sottolineare e ribadire con estrema chiarezza che i clandestini presenti sul territorio italiano, poiché nella gran parte dei casi provengono da nazioni con cui l'Italia non ha ancora stipulato accordi di rimpatrio (al momento, per quanto riguarda le nazioni africane, l'Italia ha accordi bilaterali in tal senso solo con Egitto, Tunisia, Marocco e Nigeria), non possono essere rimandati coattivamente nel loro paese di origine anche se si rendono protagonisti dei crimini più efferati: in altre parole, chiunque riesca a sbarcare sulle coste italiane sa perfettamente che non potrà essere rimpatriato nemmeno se dovesse compiere i peggiori crimini.
Tutto questo, Roberto Saviano non ce lo dice.

Ma soprattutto, Roberto Saviano non ci dice che il razzismo e la xenofobia che egli denuncia continuamente possono essere combattuti efficacemente soltanto quando l'opinione pubblica si troverà a constatare che lo Stato, inteso come Stato di diritto, possiede e adopera gli strumenti normativi che consentono di discriminare, fra gli stranieri, le persone per bene dai delinquenti in base al comportamento tenuto durante la permanenza nella nazione che li ospita.
Non è azzardato ipotizzare che quella che chiamiamo "opinione pubblica", ovvero la stragrande maggioranza degli italiani, desideri fortemente che cessi l'accoglienza indiscriminata, ovvero che lo straniero colto a delinquere sul territorio italiano, dopo essere stato processato e aver scontato la sua pena, venga anche concretamente e definitivamente espulso dai nostri confini e non vi possa più tornare. Fino a quando questo non si verificherà, la parola "accoglienza" suonerà ai più come una intollerabile ipocrisia e la politica che rappresenta la protesta contro questa ipocrisia troverà sempre maggiore consenso.

lunedì 11 giugno 2018

Le strumentalizzazioni politiche sulla ricezione dei naufraghi nei porti italiani.

Da questo articolo del Fatto Quotidiano apprendiamo oggi che i sindaci di alcune città italiane avrebbero espresso posizione contraria all'intenzione del Ministero delle Infrastrutture di chiudere i porti italiani all'approdo delle navi a bordo delle quali si trovano i naufraghi oggetto delle recenti operazioni di salvataggio compiute sotto il coordinamento dell'IMRCC di Roma.



E' necessario sottolineare che l'ipotesi della chiusura dei porti italiani allo sbarco dei naufraghi, pur se non può essere considerata di per sé un atto formalmente illegittimo, appare molto discutibile sia dal punto di vista della normativa nazionale che da quella sovranazionale a cui l'Italia aderisce.

E' altresì necessario e doveroso prendere atto anche del fatto che a nessun sindaco è riconosciuta alcuna competenza diretta su tale questione, e men che meno il necessario potere decisionale, essendo tali competenze esplicitamente demandate dalla legge 84/1994 alla Autorità di Sistema portuale attraverso i suoi organi amministrativi. Non è quindi giuridicamente possibile, per i sindaci, opporsi alla decisione del Ministro delle Infrastrutture di disporre la chiusura dei porti.

Non risulta peraltro nemmeno possibile, per essi sindaci, invocare poteri suppletivi di ordine pubblico, essendo tali poteri di piena e esclusiva competenza delle Autorità di pubblica sicurezza presenti sul territorio comunale, nella fattispecie il Questore e il Prefetto per tutti i Comuni capoluogo di provincia.

Le succitate prese di posizione di Orlando, De Magistris, Falcomatà e altri, quindi, devono essere a tutti gli effetti considerate esternazioni strumentali e propagandistiche aventi valenza di carattere esclusivamente politico.

D'altra parte, è appena il caso di sottolineare che anche le prese di posizione di altre parti politiche, soprattutto provenienti da Salvini e da altri esponenti leghisti appartenenti al governo o alla maggioranza, devono essere vagliate nell'ottica della propaganda e dell'opportunismo politico. A Matteo Salvini, in particolare, va riconosciuta una straordinaria capacità di leggere il momento politico e di comportarsi di conseguenza, con un tempismo effettivamente sconosciuto a chiunque altro: l'attuale coabitazione al governo con il M5S sta spingendo la Lega a livelli di consenso popolare mai visti finora mentre il M5S - come si può percepire chiaramente già dalle elezioni amministrative comunali svoltesi ieri - subisce il prevedibile e inevitabile contraccolpo cominciando a perdere consenso da parte di quella porzione di elettorato proveniente dall'area di sinistra che finora aveva votato per il Partito Democratico e che comincia a vedere - non certamente a torto - il M5S "intrappolato" dal compromesso raggiunto con la Lega, compromesso che scalfisce oltre il tollerabile alcuni valori che l'elettorato di sinistra considera basilari.
E credo che siamo appena all'inizio.

Certo, tutto questo potrebbe semplicemente essere considerato fisiologico e facente parte del gioco politico, se non fosse che in questo gioco la posta è il futuro e il destino di un gran numero di persone.

domenica 10 giugno 2018

il punto sul problema del soccorso in mare nel Mediterraneo centrale

In questo interessante articolo viene descritta molto bene l'attuale surreale situazione riguardante i compiti, le competenze e le responsabilità relative alle operazioni di soccorso marittimo nell'area del mar Mediterraneo compresa fra le coste siciliane, quelle tunisine, quelle libiche e quelle greche, area in cui ovviamente si trova anche l'isola di Malta.

Con una richiesta scritta indirizzata direttamente al governo maltese, il ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini, ha richiesto alle locali autorità di concedere l'attracco alla nave Acquarius della ONG SOS Mediterranee che nella giornata di sabato 9 giugno aveva imbarcato un totale di 629 persone, una parte delle quali soccorse direttamente dalla stessa nave Acquarius e le rimanenti provenienti da analoghe operazioni di soccorso condotte da altre navi presenti in zona. Il tutto, su controllo e coordinamento dell'I.M.R.C.C. (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) di Roma, la cui specifica competenza è stata da tempo estesa anche alle acque internazionali confinanti con le acque territoriali libiche, stante la perdurante assenza di similari organi in Libia.

Alla richiesta italiana, il governo di Malta ha risposto negativamente, affermando di non avere competenza nello specifico evento essendosi le operazioni di salvataggio svolte al di fuori del proprio settore marittimo di ricerca e soccorso, ribadendo che la sua responsabilità in termini di coordinamento dei soccorsi ai sensi della Convenzione di Amburgo non comporta l'obbligo di accogliere i naufraghi nei propri porti, e facendo notare che comunque, rispetto alla posizione stimata della nave Acquarius, il porto sicuro più vicino non era Malta ma Lampedusa e che quindi, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), era proprio verso Lampedusa che avrebbe dovuto far rotta l'Acquarius e che, se l'I.M.R.C.C. di Roma ha disposto diversamente, la cosa non riguardava in alcun modo le autorità maltesi.


Dal punto di vista strettamente giuridico, le posizioni maltesi appaiono pienamente legittime in base alle norme invocate. Resterebbe quindi piena facoltà delle autorità italiane riconoscere questo precedente e cominciare ad applicare sistematicamente in futuro le stesse norme, con pari millimetrico rigore, convogliando sui porti maltesi tutte le imbarcazioni reduci da azioni di soccorso marittimo effettuate in punti geograficamente più vicini a Malta rispetto ai porti italiani.
Sarebbe interessante scoprire le reazioni delle autorità maltesi, le quali, proprio per bocca del Primo Ministro, hanno proprio oggi ribadito di considerare il salvataggio di vite umane come una "priorità su qualsiasi altra considerazione".

Appare invece del tutto irrealistica la minaccia di Matteo Salvini di "chiudere i porti italiani", in quanto evidentemente contrastante con le norme innanzi richiamate.
E' invece da sottolineare che l'Italia, se volesse, potrebbe legittimamente rinunciare a farsi carico dell'attività di supervisione delle attività di ricerca e soccorso marittimo nel braccio di mare confinante con le acque territoriali libiche, essendo la sua competenza ristretta alle aree marittime definite dal D.P.R. 28/1994 (regolamento di attuazione della legge 147/1989 concernente l'adesione alla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo).
Questo tuttavia non comporterebbe alcun vantaggio in termini di indirizzamento dei naufraghi, poiché tale decisione deve comunque essere presa in base alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e non in base alla Convenzione di Amburgo, e comporterebbe prevedibilmente un ritorno di scafisti e trafficanti alla tattica originariamente seguita in passato, ovvero quella di arrivare in ogni caso con le imbarcazioni direttamente nell'area marittima di competenza italiana: riprenderebbero con ogni probabilità sbarchi e naufragi nei pressi di Lampedusa o comunque nelle vicinanze delle acque territoriali italiane ove la competenza sulle operazioni di soccorso resterebbe in capo all'I.M.R.C.C. di Roma.

La questione dei flussi umani via mare verso l'Italia non appare quindi risolvibile agendo sulle operazioni di ricerca e soccorso, ma va trovata a monte o a valle di esse.

sabato 10 marzo 2018

L'ultima bufala.

Minuto 8:58 "...sappiate che il nostro posto in questa legislatura è all'opposizione; lì ci hanno chiesto di stare i cittadini italiani e lì staremo"


Questa affermazione potrebbe in futuro essere considerata sia l'epitaffio politico da incidere sulla lapide posta a sigillo del periodo renziano del Partito Democratico e sia la testimonianza dell'inguaribilmente persistente vocazione di Matteo Renzi alla distorsione e alla falsificazione della realtà.
Che il Partito Democratico uscito pesantemente ridimensionato dalle urne possa decidere, nella sua piena e legittima autonomia, di chiamarsi fuori da ogni coinvolgimento nella formazione o nel sostegno di un governo altrui nella legislatura che si è appena aperta, è cosa che può essere condivisa oppure no ma che non deve certamente sorprendere nessuno. Ma che questa decisione sia figlia del risultato elettorale, è affermazione politicamente falsa come una moneta da tre euro e va considerata come una vera e propria mistificazione. Il Partito Democratico, nella legislatura che si è appena conclusa, ha fatto nascere l'attuale governo Gentiloni e ha costituito l'elemento portante della maggioranza che ha fatto nascere i precedenti governi Letta e Renzi. Anche nella campagna elettorale appena conclusa, il Partito Democratico non ha mai dichiarato l'intento di posizionarsi all'opposizione ma ha sempre affermato con forza di voler continuare a governare il paese e di aver fiducia nel consenso degli elettori rispetto a questa linea politica.
Ed è proprio come riconferma della fiducia già ripetutamente accordata in passato che anche questa volta va interpretata la scelta di chi ha votato PD: se intervistassimo tutti gli elettori che il 4 marzo hanno messo la croce sul simbolo del PD, non ce ne sarebbe uno che affermerebbe di aver "votato per stare all'opposizione". Quando si vota per un soggetto politico avente una massa critica simile a quella del Partito Democratico, lo si fa per mandarlo a governare, non certamente per mandarlo sui banchi dell'opposizione.
Che poi si riesca a raggiungere la maggioranza necessaria, questo è altro paio di maniche: a volta la si sfanga, a volte no. Ma è il gioco politico.

La propaganda renziana, invece, anche per bocca di tutti i più fidati compagni di partito dell'attuale ex segretario, continua a presentare l'alibi puerile del mandato elettorale per "stare all'opposizione".

L'ultima bufala, appunto.

E' certo che per il Partito Democratico vi siano molte ragioni di carattere prettamente politico, condivisibili o meno, a sostegno dell'opzione di posizionarsi all'opposizione in questa legislatura. Ma fra queste ragioni NON vi è, nella maniera più assoluta, l'aver ricevuto un deludente 18% di consenso da parte del corpo elettorale.
Resta quindi pienamente legittima ANCHE l'opzione politica, suggerita da alcuni esponenti della minoranza interna del partito, di partecipare alla formazione del prossimo governo con le forme di coinvolgimento che gli organi direttivi del partito volessero eventualmente decidere, senza che questo possa essere considerato in alcun modo un tradimento del mandato elettorale.
E la responsabilità di fare le scelte più opportune ricade IN PIENO sui suddetti organi dirigenti, i quali faranno bene a dimostrare di avere una spina dorsale e di non cercare miserevoli e patetici alibi.

In altre parole: se non siete capaci di fare politica, siete cortesemente pregati di convocare un bel congresso e di sciogliervi. L'Italia non ha bisogno di pesi morti.

lunedì 29 gennaio 2018

La parabola della trave e della pagliuzza

Siamo in pieno clima di campagna elettorale e la grancassa mediatica funziona a pieno regime: in particolare, il caso del giorno sembra essere la presentazione dei candidati M5S all'uninominale.
Chi ha potuto seguire la diretta web della presentazione avrà avuto modo di rendersi conto dell'altissimo profilo morale e professionale delle persone provenienti dalla società civile che hanno deciso di mettersi in gioco con il Movimento 5 Stelle. E probabilmente proprio per questo motivo è subito iniziato da parte dei media di regime il tam-tam della volgarizzazione più faziosa di questo evento, con articoletti tendenziosi e qualunquistici degni al massimo di una frettolosa lettura alla fermata dell'autobus. Prendiamo due esempi particolarmente calzanti, tanto per capirci.

Sulla testata web del Partito Democratico, leggiamo che il M5S ha messo in lista il magistrato in pensione Ubaldo Nannucci, sul quale l'articolista avanza dubbi di posizioni radicalmente anti-islamiche.
Sulla sito web de "Il Giornale", apprendiamo invece che il M5S ha messo in lista l'economista Paolo Biancone, sul quale l'articolista avanza dubbi di posizioni radicalmente pro-islamiche.

Dal confronto fra il contenuto di entrambi i suddetti articoli emerge, e con evidenza, l'esatto opposto del messaggio surrettizio che vorrebbero farci passare le due testate riguardo i rapporti fra il M5S e il mondo musulmano: in realtà il M5S non è né pro-Islam (come sostiene "Il Giornale") e né anti-Islam (come sostiene "Democratica"), altrimenti non si spiegherebbe la coesistenza sotto la stessa insegna politica di due persone che in merito hanno visioni diverse.

Intanto, fa piacere constatare che finalmente, come dovrebbe essere di norma in un paese normale e come finora mai è avvenuto in Italia, i candidati di un partito vengono analizzati guardando esclusivamente alle loro posizioni politiche e ai loro trascorsi professionali, non avendo essi alcun tipo di scheletro nell'armadio e alcun conto in sospeso con la giustizia. Una bella differenza, rispetto ai rimanenti soggetti politici in cui abbondano nomi ben noti alle Procure e all'Accademia della Crusca come "Giggino a'purpetta" o personaggi - come la famosa Mary Helen Woods - che, per garantirle una cadrega sicura, viene messa capolista in almeno quattro seggi sparsi in tutta Italia. Evidentemente ad Arezzo non hanno prudentemente ritenuto di presentarla.

Ottimo e abbondante. E siamo solo all'inizio: più la campagna elettorale entrerà nel vivo e più ne vedremo e ne leggeremo delle belle, e anche delle balle. Stay tuned.