domenica 28 aprile 2013

Quando il sangue del popolo indossa una divisa

A poche ore dal grave episodio che ha visto un uomo far fuoco con una pistola contro le forze dell'ordine e ferire seriamente due Carabinieri di presidio davanti a Palazzo Chigi proprio mentre all'interno era in corso la cerimonia del giuramento del nuovo governo Letta, cominciano già a diffondersi i primi "illuminati" commenti da parte di opinionisti e di personaggi del mondo politico.

Il sindaco di Roma Alemanno sottolinea che "E' il gesto di un pazzo e di uno squilibrato ma - aggiunge - non ci dobbiamo stupire quando si inveisce continuamente contro il Palazzo, come se fosse da abbattere."

http://www.romatoday.it/cronaca/spari-palazzo-chigi-alemanno.html

Poco dopo, il giornalista Guido Ruotolo aggiunge che " ... questo gioco, questo strillare al golpe, queste minacce di marce su Roma, la crisi economica, la disoccupazione crescente e tutto, questo clima è una miscela esplosiva, c'è bisogno di pompieri e non di urlatori."

http://www.lastampa.it/2013/04/28/multimedia/italia/agguato-a-roma-adesso-bisogna-abbassare-i-toni-a4mdNbJkCMugPyt6rgGUTL/pagina.html

Da entrambi gli interventi, quindi, traspare chiaramente la tesi dell'esistenza di un rapporto di causa-effetto fra un modo di far politica dai toni accesi e il verificarsi di episodi di turbamento dell'ordine pubblico, o di fatti di sangue o - al limite, e in ipotesi - anche di vera e propria destabilizzazione della democrazia.

Nel succo, il messaggio è: abbassiamo i toni, altrimenti rischiamo di incoraggiare la violenza.

Ovviamente questo non è altro che parlare a nuora perché suocera intenda, e nel caso in questione la suocera è con tutta evidenza Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle. Di conseguenza non si sono fatti attendere i comunicati dei portavoce di Camera e Senato del M5S, che hanno duramente stigmatizzato l'episodio e hanno espresso la loro più completa solidarietà ai feriti, subito seguiti da Beppe Grillo con un articolo dedicato sul suo blog.

http://www.beppegrillo.it/2013/04/solidarieta_ai/index.html

Ma al netto delle posizioni politiche, che in un sistema democratico non possono essere che di condanna assoluta di ogni atto violento, è importante ritornare a ragionare sul concetto innanzi espresso:

"abbassiamo i toni, altrimenti rischiamo di incoraggiare la violenza"

Di per sé, in questa frase pare esserci una verità di fondo, ovvero il fatto che un confronto dai toni urlati può essere il presupposto per trasformarsi da dialogo a lite, comportando quindi il rischio di scivolare rapidamente nel muro contro muro innescando una spirale di tensione sempre crescente sino a giungere al livello della non controllabilità.

Tutto molto semplice. Forse troppo.

Mi sembra invece che, nell'attuale contesto di profonda crisi economica e politica, la miccia che possa accendere la violenza non derivi tanto dalle peculiarità dell'approccio comunicativo del leader del M5S quanto piuttosto dal fatto che la spaccatura fra il Palazzo e il cittadino è ormai diventata una voragine, un baratro, un abisso.
E questo è percepito chiaramente proprio da coloro che indossando una divisa e avendo giurato di servire la legge si trovano loro malgrado a dover fare da cuscinetto ogni volta che la tensione sociale porta la piazza a essere turbolenta. Ecco la verità, ecco come stanno veramente le cose:

"E' il gesto di un disperato. I politici non lo sanno che vuol dire prendere 800 euro al mese, entrare in un negozio e non poter comprare nulla a tuo figlio... Ecco cosa succede se non lo sanno".


http://www.huffingtonpost.it/2013/04/28/davanti-palazzo-chigi-lo-sfogo-di-due-carabinieri_n_3173225.html

Già, un disperato. Non un folle, non uno squilibrato, non una scheggia impazzita della galassia anarcoide. Nulla di tutto questo. Solo un disperato. Un marito separato. Un padre che non vede suo figlio da mesi. Un disoccupato. E quindi un uomo dalla dignità calpestata, ridottosi a 46 anni a tornare a vivere a casa dei genitori. Un uomo fuori dalla società, perché "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" (Costituzione, art. 1).

Già, il lavoro.

Il lavoro che ti dà la dignità, e non solo perché lo dice la Costituzione. Il lavoro che ti fornisce i mezzi di sostentamento ma che ti mantiene anche in vita, la vita dello spirito, quella senza la quale c'è solo tristezza, sconforto, depressione, quella senza la quale l'esistenza non ha senso, non ha prospettive, non ha futuro, non ha valore.

Ma tutto questo i politici non lo sanno.

Per loro è molto più semplice alzare il ditino ammonitore sui tribuni, su coloro che si rivolgono direttamente alla gente, che accettano il confronto e che a volte urlano perché vogliono farsi sentire anche da quelli più distanti.

E quindi, senza voler in alcun modo giustificare o fornire un qualsiasi tipo di attenuante a chi si rende responsabile di atti di violenza, sembra proprio che chi accusa i tribuni di urlare troppo forte non abbia capito assolutamente nulla delle vere cause della violenza.

Non che la cosa mi stupisca, naturalmente.

giovedì 25 aprile 2013

Non è ancora tempo di elegie per la Resistenza

Prendiamo atto senza particolare stupore della vergognosa mistificazione mediatica sulle considerazioni fatte da Beppe Grillo in merito alla giornata del 25 aprile: l'interpretazione tendenziosa che si è cercato di far passare descrive il messaggio di Grillo come un presunto misconoscimento dei valori morali e del significato storico del 25 aprile e quindi anche come una presa di distanza dalla Resistenza di cui questa giornata è simbolo e ricordo. Ma tutto ciò è l'esatto contrario di ciò che Grillo ha detto, ed è sufficiente leggere il suo blog per rendersene conto ( http://www.beppegrillo.it/2013/04/il_25_aprile_e_morto.html#commenti ) : non esiste alcuna critica al 25 aprile ma a coloro che lo hanno dimenticato, respinto, insultato, tradito e pugnalato alle spalle con una azione politica di stampo conservatore e antidemocratico.

Del resto, un intervento che si conclude con la frase:

"se i partigiani tornassero fra noi si metterebbero a piangere"

deve essere considerato un omaggio ai valori della Resistenza e non la loro negazione.

E' bene quindi riflettere accuratamente su quella che è la situazione attuale delle nostre istituzioni e del nostro sistema politico, poiché la degenerazione di questo sistema rispetto all'impianto previsto dai Padri Costituenti è la causa prima dei problemi che soffocano il nostro paese.

Ricordiamo quindi i principali punti rimarcati da Grillo:

dittatura dei partiti

informazione corrotta

tradimento della Costituzione

passaggio di fatto a repubblica presidenziale

esplosione della disoccupazione

tagli a scuola e sanità pubblica

sprechi e privilegi

perdita della sovranità nazionale

gerontocrazia

istituzioni infestate da piduisti

trattative Stato-mafia

Tuttavia non è corretto, almeno finora, parlare di morte del 25 aprile e dei suoi valori: in una situazione di crisi sociale mai vissuta in precedenza nella storia della nostra repubblica, alle ultime elezioni politiche nazionali la rivolta contro queste degenerazioni della democrazia è riuscita a coagularsi in una entità politica nuova e diversa che, forse immodestamente ma con coraggio, si è assunta il compito di RESISTERE.

Non lasciamoli soli. L'alternativa è il baratro.

lunedì 22 aprile 2013

SENZA VERGOGNA, COME PRIMA, COME SEMPRE...

Lunedì 22 aprile 2013 il neoeletto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ultraottuagenario quasi novantenne succeduto obtorto collo a sé stesso a causa della conclamata incapacità del Parlamento di trovargli un successore, nel momento in cui entra alla Camera dei Deputati per il tradizionale discorso di investitura si rivolge alle forze politiche che hanno dominato la scena istituzionale nell'ultimo ventennio e le accusa a chiare lettere di essere un coacervo di corrotti e di incapaci.
Le sue parole precise sono state: "responsabili della corruzione e del nulla di fatto in tema di riforme".

Se tutto ciò fosse stato detto da chiunque altro e in qualsiasi altro luogo, dall'aula parlamentare si sarebbero alzate all'unisono le grida di scandalo e le accuse sdegnate di populismo e di demagogia da quattro soldi.

Invece, di fronte allo stesso concetto scandito dal presidente della Repubblica, l'emiciclo reagisce entusiasticamente, con uno scrosciante applauso.

Nessuna ammissione di colpa avrebbe potuto essere più chiara. Una ammissione umiliante, imbarazzante, pesantissima, che in altri tempi e in altre culture avrebbe portato a dimissioni di massa, a un pudibondo ritiro dalla scena politica da parte di tutti i responsabili e, perché no, anche a qualche rituale seppuku.


Ma sappiamo bene che nel nostro Parlamento non si aggirano samurai ma politicanti e non si apprende il Bushido ma il manuale Cencelli. Dobbiamo quindi dedurre che all'interno del nostro Parlamento è assente uno dei sentimenti più intensamente umani, ovvero la vergogna.

La vergogna ha da sempre costituito una delle fondamentali linee guida delle relazioni sociali, e la storia ci conferma chiaramente che quando la politica ha dimenticato questo sentimento le conseguenze sono sempre state disastrose.

Resta quindi inquietante e irrisolto l'interrogativo che oggi tutti si pongono: sapranno questi uomini senza vergogna svolgere in maniera efficace i loro doveri istituzionali in Parlamento e dare la giusta risposta alle drammatiche emergenze che l'Italia sta vivendo?

sabato 20 aprile 2013

Il motore immobile



Durante la diretta alla Camera, più volte l'audio è stato interrotto perché non si sentissero cose "che non sarebbe stato opportuno sentire".

Ho anche sentito la presidente Boldrini redarguire qualcuno perché "non si possono fare fotografie in aula".

Pure vanità, queste, piccolezze arroganti di un mondo incastonato su sé stesso e sulla sua esistenza puramente burocratica.

Un motore che funziona dal 2 giugno 1946 ma che ormai da tempo, non so di preciso da quando, non è più connesso a nulla, non muove più nulla.

Un motore che però necessita di carburante e lubrificante in quantità esorbitanti, un motore che ha bisogno di una manutenzione sempre più onerosa, un motore che inquina sempre di più e ammorba e avvelena l'aria stessa che respiriamo, un motore così invecchiato da non trovare più ricambi adatti, un motore in cui ormai sempre meno meccanici sanno mettere le mani, un motore che scricchiola e cigola sempre di più e che fa sempre più fatica ad andare a regime.

Un motore che funziona secondo un principio, la democrazia rappresentativa, che continua a mantenere immutata la sua validità.

Ma un motore che, lo sappiamo tutti, andrebbe spento, rottamato e sostituito il più presto possibile con un altro pezzo di meccanica capace di ritornare a svolgere la sua naturale funzione propulsiva.

A questo punto, chiunque condivida questa premessa troverà logico chiedersi quale soggetto politico potrà svolgere questo compito essenziale per la sopravvivenza del nostro paese. Io qui e ora non voglio dare risposte o indicazioni, come tutti ho opinioni già più volte espresse giuste o sbagliate che siano, ma voglio semplicemente rivolgermi a chiunque alle prossime elezioni deciderà di andare a votare, invitandolo a riflettere bene guardando al nostro passato, non quello del secolo scorso in cui più o meno il motore funzionava ancora anche se in rapido decremento di efficienza termodinamica, ma riflettendo attentamente sull'ultimo ventennio.

Lì si trovano le risposte, le scelte e le opzioni possibili.

lunedì 15 aprile 2013

Prospettive di una legislatura nata morta

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/04/13/Berlusconi-se-urne-io-candidato-premier-2-_8548032.html

''Noi siamo gia' pronti per votare e io saro' il candidato alla presidenza del Consiglio. Una responsabilita' grande e dolorosa da cui non mi posso sottrarre''

Dunque, dobbiamo prepararci a nuove elezioni. A oggi è estremamente improbabile che in questo Parlamento si possa trovare un qualsiasi tipo di accordo che porti a formare un governo dotato quanto meno della concreta capacità di metter mano alle più urgenti criticità sociali, economiche e istituzionali. E stiamo parlando solo del minimo sindacale - ma proprio minimo minimo - di compiti e funzioni di un esecutivo nell'attuale momento storico, mica pretendiamo progetti di ristrutturazione di respiro strategico e proiettati nell'arco di lustri o di decenni... una cosa del genere non s'è mai vista in tutta la nostra storia repubblicana, figuriamoci se potremmo pretenderla ora che tutto ci sta crollando addosso.

Ma anche per il suddetto "minimo sindacale", ripeto, non riesco a vedere alcun presupposto di fattibilità. Siamo messi male, e lo siamo dalla base. E lo dimostra in maniera lampante il fatto che oggi 13 aprile 2013 abbiamo mediaticamente assistito a una adunata di massa di persone che hanno applaudito entusiasticamente la dichiarazione di volersi candidare a futuro capo del governo da parte di un personaggio nato il 29 settembre 1936, che in politica ci si ritrova dal 29 giugno 1993 con la fondazione di Forza Italia, che a capo del governo ci si è già ritrovato per quattro volte negli ultimi 19 anni, che l'ultima volta ha guidato un governo sostenuto in Parlamento da una maggioranza dall'ampiezza senza precedenti, e che nonostante tutto questo si è dovuto dimettere dopo tre anni e mezzo, travolto dalla conclamata incapacità di fare alcunché di concreto oltre le "cene eleganti" e le votazioni parlamentari sulle "nipotine" o presunte tali.

Il 29 giugno 1993, il presidente degli Stati Uniti d'America era Bill Clinton, il presidente russo era Boris Eltsin, il presidente francese era François Mitterand, il primo ministro inglese era John Major, il cancelliere tedesco era Helmut Kohl, il primo ministro spagnolo era Felipe Gonzales, il presidente serbo era Slobodan Milosevic, il presidente della Repubblica Popolare cinese era Jiang Zemin, il primo ministro giapponese era Kiichi Miyazawa, e in Corea del Nord il presidente della Repubblica era Kim Il-sung (ovvero il nonno dell'attuale fantoccio), il presidente argentino era Carlos Menem, il presidente sudafricano era Frederik Willem de Klerk.

Ebbene, tutti questi personaggi sono ormai da tempo passati a miglior vita o sono comunque scomparsi definitivamente dalla scena politica.

In Italia, invece, i dinosauri (anche quelli di "sinistra" o presunta tale, s'intende) restano ancora di moda e - incredibilmente - alcuni di loro continuano addirittura a raccogliere consensi plebiscitari.

Questa è un'anomalia. E' indiscutibile. Un'anomalia che non ha alcun riscontro altrove. Un'anomalia tutta italiana.

Ora, la domanda potrebbe apparire banale e prevedibile: dovrei chiedermi il PERCHE' di tutto questo.

Ma se la domanda è banale, la risposta lo è altrettanto, nella sua cristallina ovvietà: gli italiani non cambiano perché evidentemente non vogliono cambiare.

Ci sta bene così. Affondare suonando l'orchestrina.

venerdì 12 aprile 2013

La montagna e il topolino

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2013/04/12/Ecco-proposte-Saggi-_8541560.html

E quindi, finalmente i dieci saggi hanno fatto quello che dovevano fare: perdere tempo in chiacchiere inutili e farne perdere a noi italiani propinandoci una terrificante serie di banalità e di luoghi comuni.

L'unico che l'ha guadagnato, il tempo, è il Capo dello Stato, che ora vede molto più vicino il traguardo finale del suo settennato e può quindi svincolarsi da ogni tipo di responsabilità politica in questa scottante e delicatissima situazione per ritirarsi - pago di aver fatto la sua parte nel portare l'Italia al punto in cui si trova - nella sua reggia dorata di senatore a vita.

Ci piacerebbe chiederle, esimio Presidente, dopo aver constatato oggettivamente l'impossibilità per Pierluigi Bersani di formare una maggioranza politica in Parlamento, come mai non ha fatto la scelta più logica e naturale, ovvero prendere atto del fallimento e affidare un nuovo mandato esplorativo al Popolo della Libertà nella persona di Angelino Alfano. In fin dei conti, si tratta pur sempre della coalizione che alla Camera è arrivata dietro alla coalizione PD-SEL solo per una stringata manciata di voti.
Magari Silvio Berlusconi, con i ben noti metodi già efficacemente adottati in altre occasioni, riusciva a fare quello che non ha fatto Bersani... e magari a questo punto l'Italia aveva un nuovo governo.

Ma in caso nemmeno Berlusconi fosse riuscito nell'impresa, ci sarebbe proprio piaciuto anche avere l'opportunità di verificare se Lei, esimio Presidente, avrebbe fatto l'ultimo tentativo, cioè quello più ovvio a rigor di logica, ovvero tentare la carta M5S e affidare a questa formazione politica l'incarico di cercare una maggioranza politica in Parlamento. In fin dei conti, se il Partito Democratico, nella persona di Pierluigi Bersani, ha così testardamente e insistentemente cercato l'accordo con il Movimento 5 Stelle affinché potesse almeno nascere un governo targato PD e partorito con il voto di fiducia del partito di Beppe Grillo, non si vede alcun motivo per cui non si sarebbe potuta tentare l'operazione inversa, e cioè cercare di far nascere un governo targato M5S e partorito con il voto di fiducia del Partito Democratico.

In entrambi i casi, infatti, si sarebbe trattato di un governo di minoranza controllato ferreamente da una formazione politica libera di revocare la fiducia in ogni istante qualora avesse constatato la sopraggiunta sussistenza di valide ragioni per tale revoca. Nessun inciucio, nessun accordo nascosto, nessun secondo fine: solo un accordo politico chiaro e dalla vita ben definita, al cui termine si sarebbe data nuovamente la parola agli elettori.

Detto in parole povere, un governo del genere avrebbe potuto nascere solo sulla base di un programma condiviso, ben delimitato, preciso, circostanziato, con tempistiche certe e rivolto esclusivamente ad affrontare una serie di questioni prioritarie e di estrema urgenza in campo economico e istituzionale. Insomma, ciò che in questo periodo viene chiamato "governo di scopo".
Come tutti gli analisti politici sostengono, non sarebbe certamente stato impossibile trovare fra il M5S e il PD una serie di punti condivisibili da poter attuare in maniera limpida e efficace. E poco sarebbe importato se fosse stato un governo PD appoggiato dal M5S oppure un governo M5S appoggiato dal PD. In matematica l'ordine degli addendi non ha alcuna rilevanza: il risultato dell'addizione resta lo stesso, e Lei la matematica, almeno quella elementare, dovrebbe conoscerla.

E non solo: anche non volendo ragionare in termini matematico ma in termini esclusivamente politici, è evidente che l'ipotesi di un governo M5S appoggiato dal PD non rappresenta fantascienza politica, visto e considerato che il M5S ha chiesto l'incarico sin dal primo momento in cui si sono aperte le consultazioni e che il PD, di fronte a questa ipotesi, non ha mai - dicasi MAI - posto alcuna esclusione di principio.

Ma Lei, esimio Presidente, questa ipotesi non l'ha nemmeno presa in considerazione, l'ha esclusa a priori. E noi italiani non comprendiamo affatto con quale diritto lei abbia deciso questa linea di condotta.

Ora quindi, ci faccia il favore: se ne vada a fare il nonno e lasci il posto ad altri. Ne abbiamo abbastanza.