Il 29 gennaio, sulla mia pagina Facebook, scrivevo:
La "ghigliottina" sulla democrazia. Non ci sono più parole per stigmatizzare adeguatamente il comportamento dei vertici istituzionali, che per la prima volta nella storia della repubblica italiana impediscono all'opposizione di esercitare i propri diritti, quelli sanciti dalle regole di garanzia.
Oggi, 29 gennaio 2014 si scrive una delle pagine più nere della democrazia.
Oggi, dopo aver ascoltato con sempre maggiore incredulità l'incredibile sfilza di sciocchezze sciorinate da Laura Boldrini nella sua intervista mandata in onda questa sera nella trasmissione "Che tempo fa", non posso non confermare quanto innanzi affermato.
Non mi sforzo affatto di nascondere la mia personale antipatia verso questo personaggio, che politicamente reputo tanto inconsistente quanto arrogante. Ma i miei personali sentimenti (o risentimenti) nei suoi confronti sono irrilevanti: ciò che conta sono esclusivamente i FATTI. Andiamo quindi ad analizzare il "pensiero" espresso da Laura Boldrini cominciando dall'atto che ha originato un conflitto istituzionale che non sappiamo ancora quanto sarà profondo: la decisione di troncare la presentazione degli emendamenti da parte dell'opposizione sulla conversione in legge del decreto IMU-BANKITALIA, ovvero la cosiddetta "ghigliottina", al fine di impedire la decadenza del decreto stesso.
Ma prima mi si consenta una necessaria premessa per quanto riguarda la figura istituzionale del Presidente della Camera dei deputati: è sufficiente leggere il Regolamento della Camera per rendersi conto al di là di ogni dubbio che egli rappresenta la più alta figura di garanzia di quel ramo del Parlamento, ove per garanzia si intende una funzione ben precisa, ovvero quella di sovraintendere al corretto funzionamento dell'Assemblea e delle Commissioni. Questo, chiaramente, NON è un ruolo politico, nel senso che il Presidente non deve occuparsi di cosa faccia il Parlamento (la Camera dei deputati, in questo caso), del perché lo faccia, di quali siano i suoi indirizzi e quali siano gli obiettivi politici e persino le conseguenze politiche delle sue azioni: no, questo NON è un problema suo. Il Presidente deve occuparsi essenzialmente del come si svolga la vita parlamentare, ovvero accertarsi e far sì che le attività dell'istituto sottoposto alla sua giurisdizione si svolgano nel rispetto formale delle regole.
Anche un bambino, del resto, capisce che se il Presidente della Camera entra nel merito dell'attività parlamentare diventa automaticamente una parte politica e di conseguenza perde ipso facto il suo primario ruolo di terzietà, di equidistanza e di garanzia. E questo è inammissibile, perché in realtà egli è ben più di un arbitro, egli è il massimo notaio dell'istituzione che presiede e non può essere partecipe o addirittura concausa, a qualsiasi titolo, dei cambiamenti o dei mantenimenti degli equilibri politici connaturati alla cronaca degli eventi e degli atti parlamentari.
E in che modo, quindi, il Presidente della Camera può svolgere correttamente e rigorosamente il suo ruolo? con quali strumenti?
Semplice: applicando letteralmente il Regolamento della Camera, senza guardare in faccia a nessuno, senza rinunciare a esercitare le proprie funzioni, senza arrogarsi poteri non previsti e senza entrare nel merito delle questioni. I Regolamenti di Camera e Senato sono, per ciascuna delle due assemblee, esattamente ciò che la Costituzione e tutto il derivante complesso normativo sono per il cittadino in qualsiasi altro ambito della vita personale e sociale: disposizioni imperative e inderogabili a cui ciascuno, secondo il suo ruolo, è obbligato ad attenersi strettamente. Come dicevano i latini, che di diritto pare che qualcosa capissero: dura lex sed lex.
Ma perché, a questo punto vi chiederete, tutto questo articolato preambolo? Lo comprenderete adesso, perché sto per parlare di un concetto molto delicato: la prassi. E perché mai desidero parlarne? semplicemente perché la stessa Laura Boldrini ha usato proprio questo termine, prassi, rispondendo a Fazio che le faceva osservare che nel Regolamento della Camera non vi è alcun accenno allo strumento detto "ghigliottina", ovvero alla facoltà, da parte del Presidente della Camera, di interrompere d'autorità e a sua discrezione, in un qualsiasi momento, la presentazione di emendamenti durante la discussione sulla conversione di un decreto-legge.
Laura Boldrini ha spiegato a Fabio Fazio (e a tutti noi che ascoltavamo, chi compiaciuto, chi indifferente, chi annoiato, chi incredulo, chi basito, chi addirittura inorridito) che la sua decisione trova giustificazione in una prassi consolidata da tempo, essendo stata sdoganata per la prima volta da Luciano Violante nel 2000 quando egli stesso era Presidente della Camera.
E qui ci troviamo di fronte alla prima immensa sciocchezza, che denota la crassa ignoranza del concetto giuridico che maldestramente si tenta di maneggiare.
In ambito giuridico, infatti, per prassi si intende una norma la cui fonte è di carattere consuetudinario, ove per consuetudinario si intende un contesto in cui si verifica una diuturnitas, ovvero la ripetizione costante, nel tempo, di un determinato evento o comportamento, nonché la opinio iuris sive necessitatis, ovvero la comune accettazione, da parte di tutti i soggetti coinvolti, che tale evento o comportamento sia conforme al diritto o alla necessità; l'unica deroga al principio di comune accettazione si riscontra nel diritto internazionale, ove, secondo dottrina prevalente, non è ammessa l'opponibilità persistente salvo che nella fattispecie dei trattati bilaterali.
Ma tornando a noi, è evidente che Laura Boldrini parla di prassi senza che prassi vi sia, mancandone i presupposti oggettivi: infatti, non solo non vi è la diutirnutas, in quanto la "ghigliottina" non era MAI stata realmente applicata in precedenza, ma manca anche la opinio iuris sive necessitatis, ovvero il comune riconoscimento del valore etico di questo strumento. Infatti non mi risulta che il M5S condivida o abbia mai condiviso. E non mi risulta nemmeno che questa fantomatica condivisione universale ci sia mai stata anche in precedenza: lo stesso Partito Democratico, infatti, ebbe già occasione di esprimersi nettamente a sfavore dell'applicazione di tale strumento:
"Siamo contrarissimi, sarebbe la prima volta nella storia parlamentare, e verrebbe usata per una legge ingiusta, incivile e inefficace di cui si vergognano anche quelli che saranno costretti a votare a favore"
(Antonello Soro, capogruppo del Partito Democratico alla Camera, 1 ottobre 1999, commentando l'intenzione dell'allora Presidente della Camera Gianfranco Fini di applicare la "ghigliottina" in occasione dell'approvazione dello "scudo fiscale" da parte del governo Berlusconi)
Fonte: http://www.partitodemocratico.it/print/87079/scudo-fiscale-dopo-la-fiducia-la-ghigliottina-e-soro-interviene-sulle-assenze-nel-gruppo.htm
Ora però, tanto per spargere altro sale sulle ferite della nostra maestrina, lasciamo stare per un attimo l'arida cronaca dei fatti e parliamo un po' di etica politica: sì, insomma, quella roba così chiaramente trattata nel Primo Libro dell'Etica Nicomachea di tal Aristotéles da Stagira, del quale cominciamo ad avere qualche dubbio che Laura Boldrini abbia una sia pur superficiale conoscenza. Comunque, a farla breve, mi pare alquanto banale constatare che, quando parliamo di chi svolge un ruolo di garanzia, l'unico spazio entro cui egli deve muoversi è quello delle regole codificate (in questo caso, il Regolamento della Camera), non certamente quello della prassi, che per sua natura non fornisce la necessaria stabilità e uniformità di comportamento e di interpretazione delle diverse situazioni, presupposti che si traducono poi nell'imparzialità. Che è di questo che stiamo parlando, nevvero?
Laura Boldrini, quindi, avrebbe fatto ben migliore figura se avesse evitato di cianciare sul nulla tirando in ballo cose che non stanno né in cielo e né in terra ma solo nella sua testolina. Avrebbe fatto ben migliore figura, persino, se a giustificazione dottrinaria dell'utilizzo della "ghigliottina" avesse chiamato in soccorso il principio di analogia con il meccanismo che nel Regolamento del Senato è chiaramente e rigorosamente codificato e che, essendo norma e non prassi, ha già trovato modo di essere applicato in passato senza che le opposizioni gridassero al sacrilegio.
Ma anche qui, torniamo al punto di prima: se il Senato e la Camera hanno regolamenti diversi, è evidente che nessuno si sogna di prendere una qualsiasi norma vigente in una delle due Camere e pretendere "per analogia" di applicarlo all'altra Camera. Suvvia, siamo seri. Ne consegue quindi che non esiste ragione al mondo per cui si dovrebbe applicare alla Camera parti del regolamento del Senato (o viceversa). I regolamenti stanno lì mica per far da pezza d'appoggio alle gambe dei tavolini traballanti, ma per ben altra ragione: per essere rispettati alla lettera, trattandosi delle norme che regolamentano l'attività dei due fondamentali organi della democrazia rappresentativa italiana. E se c'è qualcosa da cambiare o da migliorare, beh, come la stessa Laura Boldrini ha confermato a Fazio quando ha parlato dell'avvio delle procedure per cambiare alcune parti del Regolamento della Camera, esistono gli specifici percorsi normativi per attuare tali cambiamenti sempre seguendo le regole: ma finché tali cambiamenti non si attuano e diventano nuove regole codificate, nello Stato di diritto valgono le regole esistenti, con buona pace dei vari Luciano Violante et similia, ai quali non mi risulta affatto che la Costituzione o il Regolamento della Camera abbia dato facoltà di definire o di interpretare a proprio piacimento cosa può essere attuato per diritto e cosa per prassi. Che è di questo che stiamo parlando, nevvero?
Ma andiamo avanti, perché Laura Boldrini ha fornito anche elementi di opportunità politica a giustificazione della sua decisione di evitare d'autorità la decadenza del decreto IMU-BANKITALIA. E qui già faremmo molto meglio a chiudere all'istante tutto l'ambaradàn e andare a prendere un bel gelato al parco.
MA DI COSA STIAMO PARLANDO???
Stiamo parlando, per la cronaca, di un organo di garanzia dello Stato che assume un ruolo politico. Non so a voi, ma a me questo fa girare vorticosamente ogni doppia elica del mio DNA. Non è possibile, una cosa del genere. Non è proponibile. Non è così che funziona. In una democrazia seria, la persona che si fosse permessa di fare affermazioni di questo tipo in pubblico sarebbe stata posta in condizioni di dimettersi l'indomani stesso. Questa anomalia è semplicemente inaccettabile, e a nulla valgono le patetiche e paradossali riaffermazioni della propria imparzialità, se esse seguono la spiegazione delle motivazioni politiche e non formali per cui la Presidente della Camera si è avvalsa di poteri che - Regolamento alla mano - non le competono.
Laura Boldrini, infatti, ha spiegato a Fazio che "si è assunta la responsabilità" (testuali parole) di bloccare la presentazione degli emendamenti perché "per il bene degli italiani era importante impedire che il decreto decadesse e che essi fossero quindi costretti a pagare l'IMU".
Una evidente valutazione di merito, esattamente come quella che avrebbe potuto esprimere un qualsiasi capogruppo, un qualsiasi parlamentare senza incarichi istituzionali, un qualsiasi segretario di partito, un qualsiasi uomo politico.
Ma il Presidente della Camera non è un capogruppo, non è un parlamentare senza incarichi istituzionali, non è un segretario di partito, non è un uomo politico.
Il Presidente della Camera, terza carica istituzionale dello Stato, deve essere super partes, non inter partes e nemmeno inter pares.
Il Presidente della Camera non partecipa al dibattito politico, ma controlla che si svolga secondo le regole codificate.
Il Presidente della Camera non si assume responsabilità di indirizzo politico che non gli competono.
Laura Boldrini invece confessa candidamente di aver fatto una scelta politica, ovvero quella di impedire la decadenza del decreto IMU-BANKITALIA.
E a questo punto, fatto trenta facciamo anche trentuno, e senza per questo riconoscere alcuna legittimità al comportamento della Boldrini (anzi!), entriamo pure a discutere del merito di questa scelta.
E' ben noto che la conversione di un decreto deve avvenire entro 60 giorni, pena la sua decadenza. Nel caso di specie, il decreto avrebbe già dovuto essere cassato all'inizio dell'iter di conversione per vizio di legittimità, contenendo esso due distinte fattispecie del tutto slegate l'una dall'altra, cosa assolutamente non ammessa dalla normativa sulla decretazione d'urgenza, ed essendo quindi ipso facto illegittimo. Ma anche se così non fosse stato, appare evidente anche a un bambino che non ha assolutamente alcun senso affermare che la scelta di non far decadere il decreto andasse "a favore degli italiani". Ma quali italiani? i milioni che hanno votato per i partiti che hanno presentato il decreto o i milioni che hanno votato per i partiti che si oppongono al decreto?
Mi dica, signora Laura Boldrini? chi vuole rappresentare, lei? gli italiani della maggioranza? benissimo: e allora continui pure ad avallare tutte le iniziative politiche della maggioranza. O forse vuole rappresentare gli italiani dell'opposizione? benissimo: e allora avalli pure tutte le iniziative politiche dell'opposizione.
Ma se lei, signora Laura Boldrini, vuole rappresentare il popolo italiano nella sua totalità, allora cerchi di far entrare nella sua testolina il seguente elementare concetto: per rappresentare tutti, lei ha un sola strada, ed è quella di rispettare le regole. Perché quelle sì, devono valere per tutti.
Ma se non riesce a comprendere questo elementare concetto, faccia la cortesia: si dimetta, e subito, perché lei è chiaramente inadeguata a svolgere il ruolo di garanzia per cui è stata chiamata.
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