Fra un vaffanculo e l'altro, la campagna elettorale per le europee prosegue sempre più istericamente verso la conclusione. E meno male, perché la sua prevedibilissima politicizzazione a fini interni fornisce allo spettatore un panorama particolarmente deprimente dell'attuale classe politica. Non che ci voglia chissà che, s'intende.
Tuttavia non è di questo che voglio parlare oggi, ma di qualcosa di sommamente più grave. Qualcuno si chiederà cosa mai potrebbe esservi, di più grave della interminabile sequela di insulti, di minacce e di sceneggiate a cui stiamo assistendo.
La risposta è semplice: la menzogna.
L'ingiuria è atto illecito e sempre riprovevole, ma contiene sempre una parte di verità: essa ci mostra sempre la reale opinione di chi la profferisce nei confronti della persona offesa. L'ingiuria non contiene ipocrisia, perché a torto o a ragione dimostra inequivocabilmente e sinceramente il disprezzo e mette comunque chi ne viene colpito in condizione di potersi difendersi restituendo pan per focaccia. La menzogna, invece, è molto più pericolosa, perché colpisce subdolamente, alle spalle, quando siamo indifesi e non possiamo reagire perché a volte è detta così bene da farci cadere come pere mature nel suo tranello. Ci crediamo, la consideriamo verità, traiamo deduzioni falsate e di conseguenza basiamo i nostri pensieri e le nostre azioni su questo presupposto sbagliato.
La menzogna messa in atto mentendo sapendo di mentire è uno dei comportamenti più disonorevoli che si possano immaginare, perché non sempre è facile smascherarla. Essa squalifica moralmente colui che la utilizza a fini strumentali, perché mette drammaticamente a repentaglio una delle più importanti conquiste di ogni società civile: la reciproca fiducia.
Colui che consapevolmente utilizza lo strumento della menzogna è uno sciacallo.
Oggi sulle pagine web di molte testate giornalistiche compare una notizia relativa a una delibera del dicembre 2013 dell'amministrazione di Pomezia guidata dal sindaco Fabio Fucci (Movimento 5 Stelle). Tale delibera ha previsto la differenziazione della tariffazione relativa al servizio mensa giornaliero per i bambini che frequentano le scuole per l'infanzia e le primarie (cioè asili e scuole elementari). Una prima tariffa di 4 euro giornaliere è relativa all'erogazione di un pranzo completo (primo, secondo, contorno, frutta), mentre una seconda tariffa, aumentata di 40 centesimi per un totale di 4,40 euro, è relativa all'erogazione dello stesso identico pranzo con in più la merenda pomeridiana costituita da un dolce.
In pratica, i genitori che per ragioni loro desiderano che il bambino non mangi la merenda fornita dalla mensa e che preferiscono invece che il bambino mangi una merenda preparata in casa, oppure che per motivi dietetici o di altro tipo preferiscono che il bambino non mangi dolci, non ne pagano inutilmente il costo ma pagano solo il costo del pranzo, che è assolutamente identico per tutti i bambini.
Vediamo dunque come alcuni organi di stampa riportano questa notizia:
Come possiamo notare, solo Il Fatto Quotidiano, pur con un sensazionalismo di dubbio gusto nel titolo, spiega la questione in maniera abbastanza corretta, specificando chiaramente che non esiste alcuna discriminazione nella erogazione del pranzo, uguale per tutti i bambini, e che il dolce non è il dessert di fine pranzo ma appunto la merenda.
Gli altri giornali, invece, ricostruiscono la vicenda facendoci immaginare due bambini seduti fianco a fianco, a uno dei quali viene servito il dessert dopo la frutta mentre l'altro rimane con un palmo di naso. Una cosa assolutamente falsa.
Insomma, una bufala, chiaramente dimostrata QUI.
Una bufala che però ha fornito al soliti sciacalli una ghiotta occasione per ricamarci sopra e spalare letame non solo sul sindaco di Pomezia ma su tutto il Movimento 5 Stelle.
E' questa l'informazione che ci meritiamo, in Italia? è questa la politica che ci meritiamo?
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