La mafia, la camorra e la 'ndrangheta sono le organizzazioni criminali più conosciute del pianeta, anche se non le più antiche.
Come abbiamo già visto nel precedente articolo, queste entità spietate e sanguinarie si sono caratterizzate sin dalla loro nascita per una rigorosissima gerarchia, per un preciso codice d'onore e per un vincolo di obbedienza che non si riscontra in altre similari associazioni a delinquere nate in Italia (per esempio, la cosiddetta "mala del Brenta" veneta o la più nota "Sacra Corona Unita" pugliese) o anche all'estero (la Yakuza giapponese, nata come fenomeno collaterale allo shogunato, o i ring criminali nordamericani del XIX secolo, che erano essenzialmente cupole affaristiche cittadine).
Altra peculiare caratteristica delle onorate società è sempre stata, sin dall'inizio, quella particolare forma di segretezza che ne coinvolgeva la gerarchia ai massimi livelli e che comportava (e stimolava a bella posta) la nascita di vere e proprie leggende popolari sia riguardo le figure dei capi sia riguardo l'esistenza stessa dell'organizzazione, ma che invece rimaneva solo come mera formalità - una sorta di segreto di Pulcinella - per quanto riguarda la base degli affiliati, i quali traevano proprio dalla divulgazione del proprio status di picciotto o di uomo d'onore il prestigio necessario per ottenere dal popolino rispetto e timore. Per trovare in epoche precedenti una qualificazione riconosciuta e rispettata in pari grado, bisogna risalire alla Roma antica e all'orgoglio di potersi etichettare con la dizione: "civis romanus sum". Un vero onore, a quei tempi.
E l'onore, se vogliamo, è elemento costante nelle onorate società sin dalle leggende che ne accompagnano la nascita: la tradizione popolare vuole infatti che mafia, camorra e 'ndrangheta venissero create in Italia da tre fratelli di origine spagnola, Osso, Mastrosso e Scarcagnosso, i quali avevano dovuto abbandonare la città di Madrid proprio per sfuggire al disonore di non aver potuto lavare col sangue l'onta di una loro sorella sedotta e svergognata da un nobile principe del posto. Nel loro peregrinare, i tre fratelli giunsero alfine in Italia facendo tappa prima a Napoli, ove Mastrosso si fermò e fondò la camorra, per poi proseguire verso la Calabria, ove Scarcagnosso si stabilì e diede vita alla 'ndrangheta, e terminare il viaggio in Sicilia, ove Osso prese dimora e creò la mafia.
Ma ora, fatta la necessaria tara alle favole e ai miti, è comunque interessante interrogarsi sul motivo della nascita di queste sette proprio nell'Italia meridionale: per rispondere al quesito, è necessario determinare quali fossero gli elementi eziogenici comuni a tutte e tre le aree geografiche di elezione, nonché quali fossero le differenziazioni rispetto ad altre zone della penisola. Un fattore comune consiste senza dubbio nel fatto che nel Meridione albergasse, nel XVIII e nel XIX secolo, una economia essenzialmente agricola basata sul latifondo, mentre nell'Italia centro-settentrionale il tessuto economico aveva maggiore caratterizzazione industriale e commerciale. Se quindi nel Settentrione i centri di potere erano essenzialmente le banche, nel Meridione tali centri erano rappresentati dalle famiglie dell'aristocrazia. A questo punto, però, si innesta la diatriba fra i sostenitori della teoria della nascita delle mafie come elemento di controllo e di soggezione della popolazione da parte dei potenti, e i sostenitori della teoria per cui le mafie nacquero proprio come associazioni segrete di mutuo soccorso finalizzate all'opposizione armata all'aristocrazia. E' ragionevole presupporre che la verità stia nel mezzo: una società segreta, per sua natura, nasce per opporsi al potere costituito, e comunque non può avere il tempo di crescere e di radicarsi senza il presupposto del consenso popolare; d'altro canto, è altrettanto facile immaginare come sia facile, per un'organizzazione che abbia raggiunto una sua stabilità strutturale sul territorio, scendere a patti col potere e farsene braccio armato piuttosto che far saltare il banco e ripiombare nell'incertezza e nell'instabilità.
A tal proposito, non può essere sottovalutato anche il fattore religioso: se è vero che la triade delle organizzazioni mafiose ha stabilito sin dalla sua origine un forte e consolidato legame simbolico con il cattolicesimo (se ne ha riscontro nella terminologia gergale, nei "santi protettori" delle cosche, nella ritualità generale), è anche vero che questo legame si è anche troppo spesso concretizzato attraverso un sodalizio con elementi o settori deviati o permeabili del clero cattolico. E non poteva essere altrimenti, considerando che nel Meridione italiano la penetrazione del sentimento religioso e il rispetto, spesso anche il timore, per la gerarchia ecclesiastica è un elemento storicamente molto più presente e più costante che nel nord della penisola, ove sono stati la politica e i giochi di potere l'elemento che ha avuto più peso nel rapporto fra la Chiesa e la popolazione. Dovevano quindi, le organizzazioni mafiose, o mettersi in contrasto con la Chiesa oppure scendervi a patti e mettere a frutto ciò che di vantaggioso poteva portare questo patto scellerato.
Ma di questo mi riservo di parlare più approfonditamente in futuro.
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