Non posso esimermi dall'intervenire ancora sulla questione delle telefonate intercorse fra il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, la famiglia Ligresti e gli organi dell'amministrazione carceraria, trattandosi di una questione che, anche a causa della mozione di sfiducia individuale promossa dalla delegazione del M5S nei confronti del ministro, ha assunto un rilevante carattere politico e ha provocato una interminabile serie di interventi e di prese di posizione da parte delle diverse parti politiche e del mondo dell'informazione.
Della incommensurabile idiozia costituita dalla tesi secondo la quale la vicenda Cancellieri sarebbe esattamente sovrapponibile a quella della telefonata di Berlusconi alla questura di Milano s'è già detto, ma evidentemente non abbastanza, visto che anche questa sera una incommensurabile cretina (quella del famoso tunnel, per intenderci) ha continuato - per evidente ordine di partito e a fini puramente propagandistici e strumentali - a sostenere esattamente questa posizione.
Ora, come al solito, quando ci si trova di fronte a una fesseria conclamata, non serve essere esperti in un determinato campo per smascherarla e sconfessarla: basta applicare il minimo sindacale di logica e di raziocinio. E nel caso specifico è sufficiente limitarsi a guardare i fatti così come sono ormai accertati.
Nella telefonata alla Questura di Milano, venne esplicitamente e insistentemente richiesto che la minore Karima El Mahroug venisse affidata a Nicole Minetti, contrariamente alle precise e inderogabili disposizioni emesse dal magistrato di turno, secondo il quale per quella notte la minore, la cui procedura di identificazione era peraltro ancora in corso, avrebbe dovuto essere ancora trattenuta in sicurezza nei locali della Questura e l'indomani immediatamente collocata in una struttura protetta. E per dare maggior peso alle suddette insistenti richieste di affido alla Minetti, da parte della presidenza del Consiglio venne sottolineato che la minore era "nipote di un importante capo di Stato mediorientale": la famosa balla spaziale della nipotina di Moubarak, come abbiamo sempre saputo. E chi ha fatto questa affermazione completamente falsa l'ha fatta sapendo senza dubbio di mentire: figuriamoci se lo staff della sicurezza di un personaggio come Silvio Berlusconi - staff composto sia dal personale dei servizi segreti messi a disposizione della presidenza del Consiglio sia da personale investigativo privato - non era in grado di conoscere in tempo reale vita morte e miracoli di ciascuna delle "gentili ospiti" delle ben note "cene eleganti" che avvenivano nella villa di Arcore.
Peraltro, il fatto stesso che Nicole Minetti, dopo aver ricevuto in affido Karima El Mahroug, se ne fosse a sua volta liberata alla velocità della luce passandola a una ben nota "signora perbene" brasiliana, al secolo Michelle Conceicao de Oliveira, dimostra di per sé che non vi era da parte della presidenza del Consiglio alcun motivo di preoccupazione in merito alla tutela della sicurezza della minore. In caso contrario, Nicole Minetti si sarebbe comportata ben diversamente.
Se ne deve quindi dedurre che la vera motivazione della telefonata per far uscire dalla Questura Karima El Mahroug non consisteva nella preoccupazione circa la possibilità di un incidente diplomatico con l'Egitto (ma quale incidente d'Egitto, direbbe a questo punto il grande Totò...) ma nell'urgenza disperata di evitare che la suddetta minore cominciasse a dare in escandescenze di fronte ai poliziotti e a spiattellare di essere amica di Silvio Berlusconi eccetera eccetera.
Altro fatto che contribuisce a rendere del tutto priva di credibilità (ammesso che ce ne sia bisogno) la tesi della nipotina di Moubarak è proprio il fatto che la telefonata ebbe come destinatari i funzionari della Questura e non - come sarebbe stato logico e corretto per motivi di oggettiva competenza - il pubblico ministero di turno, al quale, nel caso che effettivamente ricorresse il rischio dell'incidente diplomatico, ben si sarebbe potuta rappresentare formalmente la situazione in modo che egli potesse valutare, decidere al meglio cosa fare e successivamente dare le opportune disposizioni ai suoi subordinati, cioè al personale di polizia giudiziaria della questura.
E' chiaro, questo? o devo fare un disegno? spero di no...
Le telefonate intercorse fra il ministro Cancellieri e l'amministrazione penitenziaria, invece, mancano completamente di questi presupposti di interesse personale. Se dal punto di vista personale escludiamo l'amicizia - o comunque la cordialità dei rapporti - verso alcuni componenti della famiglia Ligresti, per la Cancellieri non vi era alcun motivo di dolersi del fatto che Giulia Ligresti potesse rimanere ancora in custodia cautelare in carcere, o mandata agli arresti domiciliari, o essere liberata.
E se nel caso di Karima El Mahroug l'essere nipote di Moubarak era solo una ridicola scusa che mascherava ben altro tipo di preoccupazione, nel caso di Giulia Ligresti sappiamo con certezza che la sopravvenuta precarietà delle sue condizioni di salute era un fatto talmente vero e dimostrato che di per sé ha costituito elemento sufficiente perché l'autorità competente decidesse per la sua scarcerazione. Decisione presa, peraltro, in assoluta e completa autonomia, esclusivamente sulla base della perizia medica sulla detenuta, non essendovi stato in merito alcun contatto con il ministro Cancellieri.
La vicenda di Annamaria Cancellieri e Giulia Ligresti, quindi, si inquadra in un ambito etico, giuridico, istituzionale e politico completamente diverso da quello della vicenda di Silvio Berlusconi e di Karima El Mahroug, checché ne dicano cialtroni, cretine e pitonesse da quattro soldi. L'unico (labile) punto di contatto consiste nel fatto che in entrambi i casi le telefonate furono senza dubbio fatte per motivi di carattere esclusivamente privato: nel caso della Cancellieri si tratta di un gesto di cortesia, nel caso di Berlusconi si tratta di interesse.
E se il caso della telefonata alla Questura di Milano può essere inquadrato nel momento istituzionalmente più basso, umiliante e vergognoso della cronaca politica di questi ultimi 20 anni (lo dimostra il fatto che persino il Parlamento si è fatto ridere in faccia da tutto il mondo quando approvò a maggioranza la tesi che Karima El Mahroug poteva efettivamente essere la nipote di Moubarak), il caso del ministro Cancellieri va valutato in una situazione di maggiore "normalità", ovvero una fattispecie che da sempre fa parte del gioco dei potenti: tutelarsi a vicenda ogni volta che è possibile, acquisendo in tal modo crediti che possono tornare utili in futuro oppure onorando debiti di riconoscenza precedentemente maturati. Non siamo ipocriti: è così e continuerà a essere così, ma sono questioni che restano pur sempre in ambito politico e non certamente giuridico.
Non che questo giustifichi in qualche modo l'operato del ministro Cancellieri, s'intende: le sue dimissioni sono e restano doverose.
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