martedì 4 novembre 2014

...un pensiero per Brittany Maynard.

Brittany non c'è più. Se n'è andata, non sappiamo dove, quel che sappiamo è che oggi, per sua scelta, non è più con noi.
Noi sappiamo perché Brittany se n'è andata, e lo sappiamo perché è stata lei stessa a spiegarcelo, con umiltà e dignità. Non credo che Brittany abbia voluto lasciare di sé una testimonianza, non credo che abbia voluto lasciarci un messaggio, non credo che abbia voluto fare di sé un esempio.

Credo che abbia semplicemente voluto darci una risposta, alla domanda: perché l'hai fatto?

Credo che abbia semplicemente voluto lasciarci un ricordo di sé.

Di fronte a questa vicenda, io chino il capo e  non esprimo giudizi.

Altri invece non sembrano aver colto l'occasione per tacere.

E allora a costoro, sì, vogliamo rispondere. E rispondiamo affermando che le parole del monsignore sono uno straordinario compendio di considerazioni fuori tema, di ipocrisia e di fanatismo.

Considerazioni fuori tema, perché il caso della povera Brittany è di quelli in cui a una morte prossima, matematicamente inevitabile e quindi imposta dal destino, straziante e dolorosissima al termine del decorso della malattia, l'unica alternativa possibile è una morte anticipata, serena per quanto possibile e frutto di una libera scelta.
Qui non ci troviamo affatto, come invece sembrano evocare le parole del monsignore, di fronte a una scelta fatta per paura di affrontare le terribili sofferenze connesse a un percorso terapeutico che potrebbe comunque portare alla guarigione. No, qui la prognosi è infausta e senza appello.
Qui non ci troviamo affatto, come invece sembrano evocare le parole del monsignore, di fronte a una scelta fatta a causa del rifiuto, da parte delle strutture sanitarie e assistenziali, di fornire alla paziente le cure, per costose che siano, che potrebbero portare alla sua guarigione. Nel caso di Brittany, la scienza nulla più poteva fare per salvarla.
Quindi, queste parole riportate dall'articolo:

"Ma riflettiamo - ha aggiunto - sul fatto che se un giorno si portasse a termine il progetto per cui tutti i malati si tolgono la vita, questi sarebbero abbandonati completamente: il pericolo è incombente perché la società non vuole pagare i costi della malattia e questa rischia di divenire la soluzione."
non hanno proprio alcun senso.
Anzi, un senso ce l'hanno: distorcere i fatti, non si capisce se per crassa ignoranza o per malafede.

Considerazioni ipocrite, perché parlare di condanna del gesto e non della persona è una idiozia priva di senso logico, visto che esiste un rapporto evidente fra il gesto e la decisione di attuarlo, decisione maturata non su Marte ma proprio nel cervello della persona in questione.
Ma in realtà ritengo di immaginare benissimo perché il monsignore si è espresso così: penso che in effetti egli avrebbe voluto dire ben altro (e lo avrebbe detto, se fosse vissuto un millennio prima), ma non lo ha ritenuto opportuno (=non ne ha avuto il coraggio) perché in tal caso l'opinione pubblica di nove decimi del pianeta se lo sarebbe mangiato senza nemmeno sputare gli ossicini.

Considerazioni fanatiche, perché dimostrano ancora una volta la totale estraniazione dalla realtà da parte di un clero che rifiuta di prendere atto dei fatti così come sono: oggi, l'incurabilità della malattia di Brittany, qualche secolo fa il fatto che fosse la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa.
Una storia già vista.

Ciao, Brittany. Che la terra ti sia lieve.

lunedì 27 ottobre 2014

Il buco con niente intorno.

Della serie: "come confutare le affermazioni dei politicanti servendosi solo della logica".

Che Matteo Renzi sia personaggio inaffidabile e bugiardo lo si è già constatato più volte.

Inaffidabile, perché ciò che dice e che promette viene troppo spesso smentito dai fatti: vedasi le sue improvvide e avventate dichiarazioni sul tasso di crescita dell'economia italiana dopo i suoi primi interventi (i famosi 80 euro, per fare un solo esempio); oppure, vedasi le sue altrettanto famose promesse di non andare a Palazzo Chigi se non dopo l'investitura elettorale da parte dei cittadini.

Bugiardo, perché molte delle sue promesse sono state fatte mentendo sapendo di mentire: e qui è troppo facile ricordare il famoso motto "Enrico, stai sereno", partorito praticamente a ridosso della defenestrazione del Nipote Di Suo Zio dalla carica di Capo del governo. Ma è altrettanto facile riandare al discorso programmatico al Senato, ove l'Ottimo Matteo si è letteralmente sbizzarrito promettendo formalmente "una riforma al mese" a partire da marzo: fisco, scuola, pubblica amministrazione, strutture istituzionali...
Ebbene, siamo alle porte di novembre, queste scadenze sono state abbondantemente superate e nulla di quanto promesso si è ancora visto.
Quindi, girate la frittata come volete, ma questo è un bugiardo.

Oggi, però, il giorno dopo il suo intervento alla Leopolda, scopriamo che l'Ottimo Matteo ha anche una immensa faccia di bronzo. Non è facile, in realtà, condensare in un unico discorso tante sciocchezze e tante falsità tutte insieme, eppure lui c'è riuscito e c'è riuscito così bene che non ha ricevuto in cambio monetine, pomodori, ortaggi e uova marce ma soltanto applausi e ovazioni.
Una roba da non credere.

Ma entriamo nel merito: l'affermazione "il posto fisso non esiste più" è evidentemente falsa, visto che a oggi i lavoratori, sia del settore pubblico che di quello privato, occupati con contratto a tempo indeterminato ammontano a milioni.
Questa ovvietà, di per sé, basterebbe a giustificare il lancio di pomodori. Ma nemmeno sfusi, anzi, lanciati proprio con tutto il barattolo e sperando di cogliere in pieno il bersaglio.

Ora qualcuno mi dirà che l'affermazione è da intendersi come una normale iperbole retorica, sì, insomma, quelle cose che sentiamo ogni volta che un oratore sale su un palco. Nulla di cui stupirsi o scandalizzarsi.
Bene. Glielo concediamo.
Diciamo allora che Renzi non voleva certamente sostenere che il posto fisso non esiste più ma che è una tipologia contrattuale che ormai si riscontra a un numero sempre più basso di lavoratori, virtualmente sparita nelle nuove assunzioni.
Questo è già un quadro decisamente più aderente a una realtà in cui il datore di lavoro, per ragioni spesso (ma non sempre) inerenti al pessimo momento che l'economia sta globalmente vivendo, si guarda bene dall'investire nel contratto a tempo indeterminato e preferisce di gran lunga garantirsi la maggiore flessibilità possibile di organico, una flessibilità che può essere ottenuta e garantita soltanto attraverso forme di assunzione a tempo determinato.

Bene. Concediamo anche questo.

Ma allora, quello che ci si deve chiedere è quale problema rappresenti ciò che è rimasto dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in un panorama del genere.

L'articolo 18 non rappresenta, per il datore di lavoro, un ostacolo alla scelta della tipologia contrattuale da applicare al lavoratore: chi vuole assumere a tempo determinato continuerà tranquillamente a farlo anche in futuro e anche se l'articolo 18 continuasse a esistere per sempre. Esattamente come succede finora.

L'articolo 18, peraltro, poiché riguarda una percentuale di lavoratori certamente minoritaria rispetto al totale degli occupati, non può avere alcuna reale influenza sull'andamento complessivo del mercato del lavoro e delle dinamiche occupazionali, e infatti finora non lo ha avuto.

Quale ragione c'è, quindi, nel sostenere che l'articolo 18 rappresenta un ostacolo all'incremento dell'occupazione? nessuna. Proprio nessuna. Come già detto, non è mica obbligatorio assumere a tempo indeterminato.
C'è un imprenditore, uno soltanto, che oggi in Italia può sostenere di non aver potuto assumere un dipendente a causa dell'esistenza dell'articolo 18? nessuno. Proprio nessuno. Ci sono così tante tipologie di contratto a termine disponibili, c'è solo l'imbarazzo della scelta.

Ma di tutto questo, l'Ottimo Renzi si guarda bene dal far cenno. Egli, peraltro, si guarda bene anche dallo sfiorare la questione di principio relativa alla giusta tutela dei fondamentali diritti individuali, ovvero a come rimediare a un danno provocato ingiustamente. Nel caso di specie, il danno ingiusto consiste in un licenziamento illegittimo, cioè operato al di fuori dei casi previsti dalla legge. Si noti bene, anche i fautori dell'abolizione dell'articolo 18 non negano la sussistenza dell'arbitrio e quindi di un danno subito dal lavoratore licenziato ingiustamente, ma si limitano a sostenere che a tale danno si deve rimediare con un indennizzo invece che con la riassunzione.

Ovviamente, solo un cretino oppure un immenso cialtrone potrebbe sostenere che l'indennizzo sia soddisfacente come la riassunzione. Sì, perché qui le cose sono due e tertium non datur: o consideriamo l'indennizzo equivalente alla riassunzione oppure no. Ma poiché, come ho appena detto, bisogna essere veramente imbecilli o falsi come Giuda per affermare che lo sia, allora è evidente che le vere motivazioni alla base del progetto di eliminazione dell'articolo 18 sono ben altre e - appunto - altrove vanno ricercate.

A tal proposito, l'Ottimo Renzi si è spesso servito dell'argomento del lavoratori di serie A e di serie B, ove quelli di serie A sarebbero quelli assunti a tempo indeterminato e tutelati dall'articolo 18 contro i licenziamenti arbitrari, mentre quelli di serie B sarebbero quelli a termine che non godono di alcuna tutela sul proprio futuro occupazionale e che sono costretti a campare virtualmente alla giornata.
Secondo l'Ottimo Renzi e la sua corte di servi sciocchi, questa sarebbe una "sperequazione" e una "ingiustizia" da eliminare.
In effetti anche secondo me una situazione del genere è inaccettabile: infatti, il quesito che mi sorge spontaneo nella mente è come fare a garantire un po' più di serenità e di speranza per il futuro anche ai lavoratori a termine.
Per l'Ottimo Renzi, invece, è l'insieme delle (residue) tutele previste dall'articolo 18 a essere un "privilegio inaccettabile": in pratica, se io sto bene e tu hai 40 di febbre, non devi essere tu a guarire ma è giusto che anch'io per solidarietà mi becchi l'influenza, così potremo spazzar via il mio "inaccettabile privilegio" e potremo dire allegramente che in fin dei conti mal comune è mezzo gaudio. Alleluja!

Qualcuno ha un gettone? ho terminato il credito nell'Iphone...


sabato 4 ottobre 2014

buonismo e razzismo...

Periodicamente, sui media e sui social networks si riaffaccia la questione dei migranti che, come sempre, scatena la solita ridda di commenti e di prese di posizione più o meno qualunquistiche da una parte e dall'altra, riproponendo il solito stucchevole confronto fra "-isti" di ogni posizione, soprattutto buonisti e razzisti.
In realtà il problema potrebbe essere compreso nei suoi aspetti oggettivi senza eccessive difficoltà, basterebbe accendere il cervello e scremare i fatti dalle chiacchiere, dalle strumentalizzazioni e dalle leggende metropolitane.

Prima di tutto è bene sottolineare che che le cause scatenanti dei fenomeni migratori vanno individuate in fattori geopolitici ben più rilevanti di un occasionale, anche se drammatico, "imprevisto" quale potrebbe essere un disastro naturale o lo scatenarsi di conflitti locali. In questi ultimi casi non si creano migranti ma rifugiati, ovvero persone costrette ad abbandonare provvisoriamente la loro dimora ma desiderose di ritornarci nel momento in cui cessa l'emergenza e si ristabiliscono condizioni di sufficiente sicurezza.
La differenza fra migrante e rifugiato è fondamentale e deve essere tenuta ben presente, perché la migrazione è un fenomeno causato dall'interazione fra fattori sociali, ambientali e economici che nessuna nazione o organizzazione sovranazionale è in grado di gestire o di influenzare sia pur minimamente nel breve periodo, mentre la gestione dei rifugiati è più facilmente affrontabile poiché si tratta per sua natura di un momento di crisi a cui si può far fronte con adeguate misure di supporto e di solidarietà a livello locale o internazionale. Possiamo citare i casi del terremoto ad Haiti e a Timor Est, del disastro di Fukushima, o di altri casi in cui l'emergenza è di tipo alimentare o sanitario (siccità, epidemie...) e ha fatto scattare le iniziative di soccorso che la cronaca mediatica ci ha già descritto e la cui necessità non è mai stata messa in alcun modo in discussione: vero è che violente critiche vi sono state, e in diversi casi si sono anche rivelate fondate, sul modo in cui gli stanziamenti sono stati impiegati e sul verificarsi di sprechi e di inefficienze, ma nessuno ha mai preso formalmente posizione contro l'obbligo umanitario di portare soccorso e di prendersi cura delle vittime di disastri, guerre o persecuzioni.
Proprio per questo sono state create strutture e istituzioni di vario tipo che hanno come ragione di essere proprio questa funzione:  UNHCR, Protezione Civile, associazioni di volontariato e così via.

Il fenomeno migratorio, invece, si pone in genere su ordini di grandezza ben più rilevanti, poiché i suoi protagonisti sono persone che hanno deciso di abbandonare definitivamente la loro dimora e andare a stabilirsi altrove, e questo in genere avviene quando si percepisce la totale insostenibilità della condizione umana nel proprio habitat, in altre parole la sopravvenuta mancanza delle condizioni minime indispensabili per la sopravvivenza. Anche in questo caso ci troviamo senza dubbio di fronte a una situazione di emergenza, ma tale emergenza non trova soluzione nell'attivazione delle istituzioni di sostegno ai rifugiati, perché queste ultime non sono materialmente in grado di fornire al migrante ciò di cui questi in definitiva ha bisogno: una casa e un lavoro nella destinazione in cui egli ha deciso di trasferirsi.

La storia ci dice che in molti casi la richiesta di casa e lavoro è stata soddisfatta:  nel diciannovesimo secolo, per esempio, le Americhe sono state il punto di arrivo di fenomeni migratori massicci, provenienti sia dall'Europa che dall'Asia, e tutto questo perché lo sviluppo economico nel Nuovo Continente ha comportato una notevole richiesta di manodopera a tutti i livelli e di conseguenza anche la capacità di assorbire adeguatamente il flusso demografico in entrata.
In altri casi, invece, il fenomeno migratorio non ha fatto altro che aggravare una situazione di depressione e di disoccupazione già preesistente ed è quindi diventato un ulteriore fattore di destabilizzazione sociale, tanto da portare le autorità politiche a prendere decisioni drastiche come il blocco delle frontiere.

Fatta quindi la dovuta e opportuna distinzione con le emergenze umanitarie dei veri e propri rifugiati a qualsiasi titolo, a questo punto ritengo che la domanda che dobbiamo porci è se, e entro quali termini, l'Italia sia in grado di offrire ai migranti ciò che essi chiedono: casa e lavoro.

martedì 23 settembre 2014

la Costituzione? carta straccia...

Nell'Italia di questo terzo millennio in cui l'unico aggettivo adatto alla politica è "decadenza", non sorprende che silenziosamente e nella quasi completa indifferenza dell'opinione pubblica si continui pervicacemente a portare avanti un progetto di stravolgimento istituzionale che se non è un vero e proprio colpo di stato poco ci manca.
All'apparenza tutto sembra continuare a (non) funzionare come sempre, come al solito, ma l'apparenza al giorno d'oggi è ormai diventata solo la foglia di fico dietro la quale si nasconde, anche se alquanto malamente, lo scardinamento delle funzioni dei massimi livelli dell'organigramma politico, in barba alla struttura istituzionale prevista dai Padri Fondatori.

Facciamo un esempio.

Proprio l'altro giorno, mentre negli ambienti politici teneva banco il dibattito sul destino dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, il più impresentabile e inascoltabile inquilino che abbia mai messo piede sul Colle se n'è seraficamente uscito con un'altra delle sue esternazioni, ribadendo la necessità improcrastinabile di andare avanti con il processo di riforme e inserendo un nemmeno troppo tanto velato richiamo alla legislazione sul lavoro.
Ora, anche prescindendo dal fatto che più d'uno, fra i disoccupati, i cassintegrati e gli esodati si è sicuramente chiesto cosa cazzo capisca di lavoro (quello vero) questo vecchio collezionista di poltrone per sé e per i suoi famigli, visto che nella sua biografia non compare il benché minimo accenno a una qualsivoglia attività di carattere produttivo se si fa eccezione per una bibliografia sconosciuta ai più, il problema è che non è affatto carino che il presidente della Repubblica entri nel merito del dibattito politico, considerato che l'unica forma di attività prevista per questo ruolo istituzionale, in rapporto al Parlamento e alla relativa attività legislativa, è soltanto il mero invio di "messaggi alle Camere".

Ah già, il Parlamento. Capita proprio a fagiolo.

Dunque, questa istituzione sarebbe il fulcro centrale dell'attività legislativa, attività preclusa sia alla magistratura, le cui sentenze non costituiscono fonte normativa, sia al governo, che ha (o per meglio dire, avrebbe) a disposizione solo gli strumenti della decretazione d'urgenza.
Lo spettacolo a cui oggi assistiamo regolarmente, invece, è quello di un Parlamento ormai completamente svuotato delle sue funzioni legislative e ridotto a puro e semplice accettatore dei più disparati decreti legge emanati dal governo. E quando c'è qualcuno che nicchia, ecco subito pronto il voto di fiducia. E quando c'è qualcuno che si mette di traverso, ecco subito pronta la ghigliottina di Lady Boldrinova, che del resto a qualcosa dovrà pur servire se è stata messa lì, no?

A questo punto anche nei più ingenui di voi si sarà fatta sicuramente strada una sorta di inquietudine, un embrionale disagio che piano piano assume i contorni della perplessità: ma come, vi chiederete giustamente, in Italia non dovrebbe esserci la separazione dei poteri, ovvero il Parlamento fa le leggi, il governo le fa applicare e la magistratura le fa rispettare, ciascuno in perfetta autonomia rispetto agli altri e senza invadere le altrui competenze?

Beh, sì, naturalmente. Anzi, no.

No, perché quello che si sta prefigurando è un golem, un asso pigliatutto costituito dalla figura del premier che sceglie accuratamente e insindacabilmente i suoi (suoi di lui) rappresentanti in Parlamento, li fa eleggere con il meccanismo delle liste bloccate e li controlla a distanza con la minaccia della non ricandidatura alla prossima legislatura.
Un giochino, questo, già evidente anche adesso, dato che Sua Bassezza Matteo Renzi è già lì con carta, penna e calamaio in mano a minacciare elezioni anticipate ai frondisti o presunti tali del suo (suo di lui) partito che non se la vogliono dare per inteso riguardo la cancellazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori.

Insomma, siamo allegramente passati dal governo di legislatura al governo legislativo.
Alla faccia della Costituzione. Come volevasi dimostrare.

martedì 16 settembre 2014

Tre... due... uno... silenzio.

Credo che 24 ore di assoluta indifferenza popolare siano sufficienti per poter commentare quello che è successo ieri e confrontarlo con quello che è successo il 5 settembre e con i disordini e le proteste che ne sono seguite nei confronti delle forze dell'ordine.

E' stato troppo facile profeta chi, il 5 settembre, ha osservato che l'indignazione popolare trova occasione di manifestarsi troppo spesso quando la vittima è un "bravo ragazzo", per intenderci uno di quelli che alle tre di notte se ne va a spasso su un ciclomotore e senza casco in compagnia di personaggi decisamente poco raccomandabili, tanto poco raccomandabili da non fermarsi nemmeno all'alt di una pattuglia di carabinieri, mentre invece la suddetta indignazione trova quasi mai occasione di manifestarsi altrettanto platealmente quando per esempio la vittima è una ragazza che, sempre alle tre di notte, esce da un locale ove ha trascorso pacificamente la serata e si avvia verso la sua automobile con l'intenzione di tornarsene semplicemente a casa sua.

Già. In questo caso il balordo, il subumano, il teppista è qualche "bravo guaglione" che si sta "facendo le ossa" nella manovalanza di quella collezione di liquami che si fa chiamare camorra, o semplicemente un rifiuto umano che non si fa scrupolo di ammazzare senza pietà solo per procurarsi qualche spicciolo per la dose quotidiana.

In questo caso non ci troviamo di fronte a un carabiniere che per 1300 miseri euro rischia la pelle tutte le ore del giorno e della notte per difendere la legge ed è pronto a sacrificare la sua vita per salvare quella del suo prossimo.
No, in questo caso ci troviamo di fronte a uno a cui del proprio prossimo "non gliene fotte un cazzo", uno che magari fino a qualche anno o forse solo fino a qualche mese prima passava il suo tempo libero facendo il passeggero sullo scooter del pregiudicato o del latitante di turno, per "imparare il mestiere".

E quindi, signori che prima avete detto "la camorra protegge, lo Stato uccide" e poi avete corretto il tiro rimangiandovi ipocritamente le parole di fronte ai riflettori mediatici, adesso dove siete? branco di quaqquaraqquà che non siete altro, perché non andate sotto la casa dei balordi che VOLONTARIAMENTE hanno quasi ammazzato una ragazza innocente? perché non fate sentire la vostra voce contro la camorra e il teppismo? dove sono i sit-in, le fiaccolate, le veglie di preghiera?

Come mai tutto questo assordante silenzio? avete forse più paura della camorra "che protegge" che dello Stato "che uccide"?

venerdì 18 luglio 2014

Il fatto "non costituisce reato"



Esistono attualmente tre formule con le quali, a seconda dei casi, è possibile definire l'assoluzione di un imputato in un procedimento penale.

1. assoluzione "perché il fatto non sussiste", cioè quando non si è verificato l'illecito di cui al capo di imputazione;

2. assoluzione "per non aver commesso il fatto", cioè quando l'illecito si è effettivamente verificato, ma non ad opera dell'imputato;

3. assoluzione "perché il fatto non costituisce reato", cioè quando il fatto si è effettivamente verificato ma non costituisce violazione di legge, e quindi il comportamento dell'imputato non è perseguibile penalmente.

Nel primo caso, ci troviamo di fronte a qualcosa che NON SI E' VERIFICATO. Nel secondo e nel terzo caso, invece, ci troviamo di fronte a qualcosa che SI E' VERIFICATO.

L'assoluzione in appello di Silvio Berlusconi nel processo in cui, già condannato in primo grado, era imputato di concussione e di prostituzione minorile, deve essere letta alla luce di questi presupposti giuridici.

Per comprendere la portata e il valore della sentenza sarà ovviamente indispensabile leggerne le motivazioni, quando esse verranno rese disponibili. Ma in ogni caso, in attesa della loro pubblicazione, ci limitiamo a prendere atto di quanto ci viene reso noto oggi.

Come sappiamo, sia Karima El Mahroug (in "arte" Ruby Rubacuori) sia lo stesso Silvio Berlusconi hanno sempre sostenuto che fra di loro non vi è mai stato alcun atto sessuale, e Silvio Berlusconi ha sempre sostenuto anche che quando Karima El Mahroug frequentava la sua residenza privata egli era convinto che a ragazza fosse maggiorenne. Questi sono due presupposti molto importanti della linea di difesa costantemente portata avanti finora, così come sia gli atti processuali sia i mezzi di informazione ci hanno sempre confermato.
Altro punto fermo della linea di difesa di Silvio Berlusconi è la tesi che le telefonate alla Questura di Milano fossero esclusivamente dovute a una giustificata forma di sollecitudine e di prudenza istituzionale, al solo fine di evitare possibili imbarazzi diplomatici, essendo egli all'epoca convinto che Karima El Mahroug fosse effettivamente imparentata con l'allora capo di stato egiziano Hosni Mubarak. Convinzione, questa, che come sappiamo è stata ritenuta plausibile persino nelle aule parlamentari italiane da centinaia e centinaia di illustri rappresentanti del popolo.

Ma torniamo al dispositivo della sentenza.

In ordine al capo di imputazione relativo alla concussione, l'assoluzione è stata disposta perché il fatto NON SUSSISTE, ovvero NON SI E' VERIFICATO. E qui comincio a non capire COSA non si sarebbe verificato: le telefonate, forse? perbacco, ma le telefonate ci sono state, questo è pacificamente accettato sia dall'accusa sia dalla difesa. La sussistenza di esse non è mai stato messo in discussione da nessuna delle parti convenute in giudizio, ciò che è stato invece messo in discussione è il fatto che il contenuto di tali telefonate potesse essere considerato oppure no come un'indebita forma di pressione o addirittura una velata minaccia nei confronti del destinatario di esse. Da cui, la concussione.
E poiché, a quanto ci risulta, oltre alle telefonate in questione non sembrano esservi altre forme di comunicazione con cui l'imputato avrebbe potuto attuare detta concussione, non possiamo non chiederci per quale motivo la sentenza afferma che il fatto non sussiste invece di utilizzare la formula che apparirebbe più logica, ovvero affermare che sì, il fatto sussiste, cioè le telefonate ci sono effettivamente state, ma tali telefonate non contenevano elementi illeciti e quindi NON COSTITUISCONO REATO.

Andiamo avanti e passiamo al capo di imputazione relativo alla prostituzione minorile. Qui Silvio Berlusconi è stato assolto perché il fatto NON COSTITUISCE REATO. Ma se le cose stanno in questi termini, allora dobbiamo prendere atto, proprio secondo quanto stabilisce la sentenza, che c'è stato un FATTO ma che questo fatto non integra alcun illecito.
E dunque, a quale FATTO si riferisce la sentenza, atteso che l'imputato nega di aver mai compiuto atti sessuali con Karima El Mahroug? così su due piedi, riteniamo che se l'impianto accusatorio si fosse basato sulla tesi che fra i due ci fossero stati rapporti sessuali dietro corresponsione di danaro o altra utilità, e se questa tesi fosse stata smentita in sede processuale, allora secondo logica ci saremmo aspettati l'assoluzione perché il fatto (ovvero il rapporto sessuale) NON SUSSISTE: invece, la sentenza parla di un FATTO che SUSSISTE ma che NON COSTITUISCE REATO. In cosa consiste, giuridicamente, questo fatto che non costituisce reato?

Non potremo chiarire questi dubbi e queste perplessità prima del deposito delle motivazioni della sentenza.

Nell'attesa di questi atti, comunque, resta fermo il fatto che, secondo le dichiarazioni rese più volte anche dallo stesso Silvio Berlusconi nelle sedi e nelle occasioni più disparate, Karima El Mahroug si è recata più volte nella residenza di Silvio Berlusconi. Ciò è avvenuto quando ella era ancora minorenne, circostanza di cui, sfortunatamente, Silvio Berlusconi non era - a suo dire - al corrente.

La sentenza appena emessa, quindi, dà formalmente credito alla tesi che anche il Parlamento all'epoca considerò ufficialmente plausibile, ovvero al fatto Karima El Mahroug abbia facilmente e per diverso tempo tratto in inganno, sia in merito alla sua reale età anagrafica sia in merito alla sua millantata parentela con Mubarak, uno degli uomini più ricchi del mondo, all'epoca anche Presidente del Consiglio dei ministri, e quindi dotato, sia in qualità di privato cittadino particolarmente facoltoso sia in qualità di capo del governo, di tutte le risorse umane e materiali (investigatori privati, guardie del corpo, servizi di sicurezza, personale diplomatico, eccetera) che gli avrebbero potuto consentire di acquisire con assoluta certezza e in tempi estremamente rapidi tutte le informazioni relative a ogni e qualsiasi persona che fosse giunta a contatto con lui.

Volendo.

Già. Volendo. (che faccio, ce li metto i puntini di sospensione?)

lunedì 14 luglio 2014

Grillo, Wilde, D'Annunzio, estetismi a confronto



Nessuno può negare che Oscar Wilde abbia eletto l'estetismo a ragion di vita, tanto da essere universalmente riconosciuto come il massimo rappresentante di questa tendenza culturale: se tuttavia almeno una prova deve essere esibita, basti ricordare la sua linea di difesa tutta basata sulla riaffermazione del valore assoluto della bellezza nel processo in cui si confrontò con il suo accusatore Lord John Sholto Douglas, ottavo marchese di Queensberry, il quale, con un biglietto depositato presso la portineria dell'Albemarle Club, lo tacciava apertamente di libertinaggio e sodomia.

Parimenti fuor di dubbio è la costante estetica sia nella produzione artistica sia nello stile di vita e nel comportamento di Gabriele D'Annunzio, il quale arriverà - secondo una maliziosa ma alquanto accreditata ricostruzione del fatto - a farsi letteralmente defenestrare dall'amante Luisa Baccara pur di non rinunciare a condurre un esplicito e pressante corteggiamento nei confronti della di lei sorella alla presenza della stessa Baccara, corteggiamento la cui platealità va ricondotta all'essenza stessa dell'istintualità estetica del poeta.

Ma di questi due affascinanti personaggi e del confronti fra le rispettive vite sarà interessante parlare nel dettaglio in altra occasione: oggi 14 luglio 2014, giorno in cui inizia in Parlamento la discussione sulla riforma della struttura del Senato, interessa piuttosto sottolineare il contenuto estetico - se non il valore - dell'ultimatum lanciato da Beppe Grillo sul suo blog a Matteo Renzi e al Partito Democratico; in pratica, secondo l'ineffabile Grillo, Renzi e i suoi si troverebbero di fronte a un bivio: o dimostrare entro 24 ore di voler continuare a dialogare costruttivamente con il M5S sul tema delle riforme costituzionali, oppure essere "lasciati soli" a confrontarsi con Forza Italia.
Ebbene, a questo punto anche i più distratti non potrebbero fare a meno di osservare che, a onor del vero, ciò che Grillo "minaccia" è esattamente quello che il Partito Democratico sta già facendo da mesi con una determinazione e una pervicacia che è già ripetutamente stata oggetto di critiche anche feroci: non si comprende quindi quale significato, quale valore e quale utilità pratica possa avere questa presa di posizione, al di là di una evidente motivazione di carattere propagandistico.
Insomma, se Renzi dovesse fare spallucce di fronte agli strali di Grillo e dovesse decidere di tirar dritto per la sua strada, di fronte a questo stato di cose il M5S farebbe inevitabilmente la figura del pugile suonato che dopo il rintocco dell'ultima campanella commenta la sconfitta con la più classica delle dichiarazioni paradossali: "Quante me ne ha date, ma quante gliene ho dette!".

Ecco, è evidente che dal punto di vista artistico è una vera e propria esagerazione - o fors'anche una bestemmia - pretendere di assegnare un qualsiasi valore estetico alla terribile banalità dell'attuale cronaca politica fatta di vacuità e pettegolezzi e fatta da ciarlatani e delinquenti, tuttavia non credo che sia un'idea poi così malvagia utilizzare i parametri e gli strumenti della cultura quanto meno per ricondurre gli atti e le scelte dei protagonisti di questo ignobile teatrino alla loro reale e inconsistente natura.
Nella fattispecie, Beppe Grillo dimostra ancora una volta di essere politicamente un incapace a cui mancano i presupposti intellettuali fondamentali per poter svolgere un ruolo credibile e positivo di leader del M5S: egli infatti, al di là degli errori di contenuto (scelte politiche) e di comunicazione (immagine), erra anche nel metodo manifestando costantemente la totale ignoranza dei tempi dell'azione politica, ovvero arrivando sistematicamente in ritardo a tutti gli appuntamenti topici. Ne è un esempio la legge elettorale presentata ufficialmente e proposta dal M5S quando già da tempo era stato avviato un percorso di collaborazione fra Partito Democratico e Forza Italia, percorso che ha portato alla definizione del cosiddetto "Italicum" molto prima che il M5S mostrasse le sue carte.
Questo grave errore nelle tempistiche è l'origine anche delle attuali limitazioni nella capacità del M5S di influenzare il percorso delle riforme costituzionali e comporta come conseguenza il fatto che l'azione del Movimento può attualmente essere inquadrata solo nell'ottica (alquanto benevola) dell'estetismo come presenza politica fine a sé stessa oppure nell'ottica (meno benevola ma probabilmente più realistica) di pura e semplice propaganda.

E' per questo che il M5S ha ricevuto il consenso elettorale da parte di milioni di cittadini? può realmente il M5S permettersi di continuare indefinitamente a oscillare fra il pragmatismo politico e l'ideologismo aventiniano?

L'ardua sentenza in questo caso non spetta ai posteri ma deve essere profferita subito. Tempo, non ce n'è più e i bluff politici vanno lasciati a Matteo Renzi e al ciarpame che lo circonda.

domenica 6 luglio 2014

Manzoni, Khomeini, il falso Don Abbondio e i veri mafiosi



Dunque, stando alle dichiarazioni ufficiali del comandante provinciale dei Carabinieri, Col. Lorenzo Falferi, durante una processione in omaggio alla Madonna, tenutasi a Oppido Mamertina in provincia di Reggio Calabria, si sarebbe verificato un vero e proprio atto di sottomissione e di omaggio, da parte di chi conduceva il rito lungo le strade cittadine, nei confronti del vecchio caporione locale della 'ndrangheta, un personaggio che solo per motivi di salute non si trova ancora in carcere ma ristretto nella propria abitazione.

Se la notizia fosse stata riportata sulla base di testimonianze meno attendibili, avrei potuto avere qualche dubbio sul contesto in cui si sono svolti i fatti e sull'effettiva interpretazione da dare al fatto. Ma in questo caso non posso fare altro che prendere atto del prestigio e dell'affidabilità della fonte: non sono abituato a dubitare della parola di un alto ufficiale dell'Arma e non comincerò certo ora.

Preso quindi atto che sì, in effetti la processione si è effettivamente fermata in segno di omaggio di fronte all'abitazione del pregiudicato, preso atto che il locale comandante della stazione dei Carabinieri aveva preventivamente diffidato i conduttori della processione dal compiere simili gesti, e preso atto che nel momento in cui il fatto è avvenuto i Carabinieri si sono anche allontanati per poter acquisire elementi videofotografici utili alle attività investigative finalizzate all'individuazione di chi ha comandato tale abominevole manovra, ho inizialmente supposto che il locale parroco fosse una riedizione in stile calabro-saudita della figura di Don Abbondio, uno che "il coraggio non se lo può dare".

E invece no. Questo parroco, più che ricordarci Don Abbondio, andrebbe più correttamente accostato a personaggi di ben altra caratura: un Ajatollah Khomeini, un Moqtada-al-Sadr, magari, o un Mullah Omar, gente che non si è fatta certo scrupoli di pronunciare una fatwa nei confronti di oppositori o disturbatori.
Certo, bisogna ammettere che un "semplice" cronista di un quotidiano locale non è certamente paragonabile all'autore dei "Versetti satanici" che tanto hanno irritato l'Ajatollah Khomeini da fargli emettere una vera e propria condanna a morte nei confronti dello scrittore Salman Rushdie, ma d'altra parte bisogna anche ammettere che il parroco non ha mica chiesto ai fedeli di impiccare sul posto il giornalista: bontà sua, si è limitato a chiedere loro di prenderlo "soltanto" a schiaffi. Tutto qua, niente di che.

E i fedeli, che ancora non ho capito se sono fedeli a Cristo o alla 'ndrangheta, non sembra che si siano fatti pregare nel cercare di compiacere l'uomo in nero: il filmato lo dimostra chiaramente.

Ma il filmato dimostra chiaramente anche un'altra cosa, e cioè che esistono ancora molte zone della nostra nazione in cui è la cultura stessa a essere mafiosa e lo Stato, semplicemente, non viene riconosciuto. In queste aree la collusione fra la criminalità organizzata e la popolazione è la regola, non l'eccezione, e per quanto mi riguarda nulla valgono gli alibi e le giustificazioni pseudo-sociologiche nei confronti dei cialtroni che forniscono consenso e omertà alla mafia: tutti costoro sono un cancro da estirpare insieme all'associazione criminale di cui sono sostenitori.
Questi NON sono la gente perbene. Questi sono i NEMICI della gente perbene. L'omertà è odiosa quanto l'illegalità che protegge. Di fronte alla delinquenza, non si possono scegliere le vie di mezzo: o si sta di qua o si sta di là.

E questo vale per tutti. Anche per i parroci e per le gentili signore che graziosamente espongono il dito medio, una gestualità che sicuramente hanno appreso a Oxford.

domenica 29 giugno 2014

"Io so' io e voi nun siete un cazzo"


Dunque, in spregio totale alle ripetute sentenze della Cassazione e della Corte costituzionale, il governo presieduto dall'Ottimo Renzi reintroduce a favore delle banche il sistema del calcolo degli interessi composti, il cosiddetto "anatocismo", un perverso meccanismo che fa crescere il tasso di interesse in maniera esponenziale sino a superare abbondantemente la soglia dell'usura.

Ora, è chiaro che di fronte a orientamenti così netti da parte della magistratura di legittimità nessun governante che abbia un minimo di sale in zucca si sognerebbe neanche lontanamente di riproporre una norma con la virtuale certezza che finirebbe di nuovo cancellata.

Tuttavia, nell'Italietta in cui nostro malgrado abbiamo la ventura di vivere e (forse) di sopravvivere, esistono una serie di presupposti che spiegano, anche se non giustificano in alcun modo, una mossa così scandalosa da parte del governo.

Prima di tutto, c'è da tenere in considerazione il fatto che siamo formalmente entrati nella stagione estiva, momento in cui tradizionalmente l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica nei confronti delle porcate messe in atto dalla politica cala in maniera esponenziale, tant'è che la storia degli ultimi decenni ci conferma che è proprio in periodo balneare che da Lorsignori vengono partorite le peggiori nefandezze.

Poi, c'è anche da ricordare che il governo, dopo la disgustosa e disastrosa manovra elettoralistica degli 80 euro compiuta peraltro senza uno straccio di copertura finanziaria, si trova - come era abbondantemente prevedibile già da prima dell'approvazione di quel provvedimento - nella assoluta necessità di recuperare dal portafoglio dei cittadini le risorse finanziarie necessarie per coprire il buco creato, e non potendo riprendersi platealmente gli 80 euro dalle buste paga, si è già accinto a fare un giro molto più largo e discreto attraverso una lunga serie di microaumenti di tasse, imposte, balzelli e contributi vari. Naturalmente, quando l'obiettivo finale di questo aumento della pressione fiscale è l'uomo della strada, vi è ben poco da fare. Ma quando anche alle banche viene richiesto di contribuire alla colletta (nel caso specifico, attraverso l'aumento dell'aliquota di imposta sulle rendite finanziarie), beh, i colletti bianchi hanno "margini di attenzione" nei confronti del governo ben maggiori di quelli che ha il bottegaio della porta accanto, e quindi per loro è molto più facile azare il telefono e pretendere di riavere in una mano quello che hanno versato con l'altra mano. Il tutto, ovviamente, a spese del suddetto uomo della strada.
Ed è proprio ciò che è successo.
Fra qualche anno, magari, il "nuovo" anatocismo verrà di nuovo dichiarato illegittimo e incostituzionale e, di conseguenza, ri-abrogato (come se non fosse bastata la prima volta), ma nel frattempo banche e finanziarie avranno incassato un bel malloppo: chi avrà avuto avrà avuto, e chi avrà dato avrà dato.

Inoltre, c'è anche da osservare che in Italia nessun politicante è mai stato chiamato a rispondere in qualche modo degli strafalcioni e delle schifezze partorite e regalate alla nazione: anche l'Ottimo Renzi e la sua armata brancaleone di sedicenti "giovani dell'Erasmus" godrà della stessa identica impunità, e le immense castronerie decise oggi verranno spazzate via dopo anni e anni, magari decenni, quando al timone del bastimento ci saranno altri che con voce soave squittiranno che loro con questa roba qui non c'entrano niente. Esattamente come è sempre successo finora.

giovedì 12 giugno 2014

Il pesce puzza dalla testa, anche se è a 5 stelle.

In questi ultimi giorni alcuni grossi nodi stanno venendo al pettine, in merito allo stato di salute politica del Movimento 5 Stelle.
In particolare, vi sono tre eventi che non possono passare sotto silenzio e che rappresentano il sintomo più evidente della disgregazione strutturale già manifestatasi durante la deludente campagna elettorale alle elezioni europee: parlo dell'astensione del M5S alla Camera nel momento in cui si è votato l'emendamento leghista riguardo la responsabilità civile dei magistrati; parlo dei ripetuti attacchi al sindaco di Parma dalle pagine del blog di Beppe Grillo; e parlo del referendum on line per decidere sul gruppo parlamentare a cui iscriversi al Parlamento europeo.

L'ASTENSIONE SULLA RESPONSABILITA' CIVILE DEI MAGISTRATI

Senza entrare nel merito della questione, prendo atto della spiegazione che la deputata Giulia Sarti ha dato riguardo la scelta dell'astensione.

Oggi ci siamo astenuti alla Camera sull’emendamento di Pini (Lega) per introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati. La nostra è stata pura strategia politica. Il PD avrebbe votato contro, dicevano. E allora, li abbiamo messi alla prova PER VEDERE SE FANNO QUELLO CHE DICONO. 
Risultato contrario: il PD si è spaccato, non
 solo, la maggioranza ha votato a favore e quindi l’emendamento è passato. 
Noi restiamo contrari a questa misura e infatti al voto definitivo che ci sarà in Senato, quello che conta, voteremo compatti CONTRO. 
È emersa di nuovo l’INCOERENZA DEL PD, il passaggio di questo emendamento è la dimostrazione che LE LARGHE INTESE CONTINUANO!
I VOTI PARLANO CHIARO. 
Voglio rispondere al deputato Danilo Leva (PD) che ci accusa dicendo: “Tanto rumore per nulla”. 
QUI NON SI TRATTA DI RUMORE MA DI FATTI: oggi il PD ha palesemente dimostrato di essere spaccato. La maggioranza vuole la responsabilità civile diretta dei magistrati. 
È inutile nascondersi e minimizzare. Le larghe intese funzionano benissimo e sono loro i migliori alleati del centrodestra. Ci siamo astenuti solo ed esclusivamente per far emergere questo dato davanti agli occhi di tutti. 
A chi dice che siamo noi i responsabili dell’approvazione di questo emendamento rispondo che NOI NON SIAMO LA STAMPELLA DELLA MAGGIORANZA. 
Loro hanno i numeri in Aula per far passare alla Camera quello che vogliono. Se il PD fosse stato unito nel giudicare questo emendamento come un danno all’indipendenza e alla tutela della magistratura, avrebbero potuto benissimo non farlo approvare. Invece no, scaricano la colpa sull’opposizione perché non sanno come giustificare 60 voti del loro partito che sono in linea con il centrodestra!
Vorrei sottolineare che Danilo Leva mente anche quando dichiara di aver presentato in commissione giustizia una riforma organica della legge Vassalli: la sua proposta di legge consta di UN UNICO ARTICOLO che comporta un semplice adeguamento della normativa interna a quella europea.
 
(fonte: Facebook)

Ebbene, Giulia Sarti non me ne vorrà, ma considero questo tipo di approccio ai lavori parlamentari assolutamente inaccettabile. Le aule di Camera e Senato e le commissioni parlamentari non possono essere luoghi in cui i diversi soggetti politici lottano per accaparrarsi o per mantenere rendite di posizione a scapito di questo o di quell'altro, bensì aree in cui il confronto dialettico fra le diverse posizioni deve portare a risultati concreti.

Far fare "brutta figura", "smascherare" il proprio avversario o metterne in risalto le debolezze o le contraddizioni non può essere considerato un fine, né tattico né strategico, dell'azione politica di un partito, perché se tale azione si esaurisce in simili improduttive schermaglie rappresenta una mera perdita di tempo e non produce alcuna utilità alla nazione. E non è questo che si richiede ai rappresentanti del popolo. Ad essi si richiede di fare, di agire, di produrre risultati, essendo solo i risultati elementi degni di essere utilizzati dagli elettori come parametri e come presupposti per decidere se confermare oppure no la fiducia ai rappresentanti scelti in precedenza.

Con la sua astensione, finalizzata essenzialmente a mettere in evidenza la fragilità politica del Partito Democratico nell'aula parlamentare, il Movimento 5 Stelle ha rinunciato a priori a svolgere la funzione che ad ogni soggetto politico è richiesta: prendere una posizione nel merito delle questioni di cui si discute. Certo, anche l'astensione a volte può essere considerata come una presa di posizione, ma questo avviene solo quando essa è motivata con ragioni direttamente inerenti l'argomento in questione, condivisibili o meno che siano.

L'astensione strumentale, invece, è un abominio politico ed è indice di scarsa maturità: essa, in fin dei conti, potrebbe essere attuata in qualsiasi momento, quale che sia l'argomento in discussione, e proprio in questo sta la sua inaccettabilità come metodo. E in questo caso nessuna rilevanza ha la promessa di esprimersi nel merito in Senato: anche l'aula della Camera è Parlamento, e anche lì bisogna fare correttamente il proprio lavoro.

Al posto di Giulia Sarti, quindi, io non sarei affatto felice di come il Movimento 5 Stelle si è comportato e coglierei invece l'occasione per riflettere su cosa vuol dire veramente agire nelle istituzioni per il bene dei cittadini. Da Aristotele a Machiavelli, è questa la politica. Non i giochini di palazzo.

Al posto di Giulia Sarti, inoltre, io mi chiederei in base a quale principio dovrebbe essere considerato prioritario l'obiettivo di metterle a nudo le contraddizioni del Partito Democratico, rispetto al fatto di fornire il proprio contributo nell'occasione in cui si legifera su un argomento come il rapporto fra giudice e cittadino, argomento oggettivamente di importanza fondamentale per la vita democratica di una nazione.

Al posto di Giulia Sarti, infine, io mi interrogherei su come possa dimostrarsi credibile un soggetto politico che al suo interno non presenta una cultura di base tale da dare ai suoi componenti l'opportunità di porre in atto la necessaria riflessione sulle ragioni del loro essere e del loro agire.

E' peraltro evidente che l'attuale leadership del Movimento 5 Stelle, ovvero Grillo e Casaleggio, non possiede tali fondamenta di cultura politica. Sarà quindi il caso che la pattuglia parlamentare del Movimento si prepari a crescere e a maturare in autonomia. Non è una opzione, è un loro preciso dovere.

sabato 31 maggio 2014

Livorno val bene una Messa?


Il ballottaggio alle comunali di Livorno

Insomma, a quanto pare il candidato sindaco del Partito Democratico, Marco Ruggeri, trovandosi di fronte allo scenario in cui per essere eletto deve lottare contro una sorta di "arco costituzionale allargato" che va dall'estrema destra ai "cani sciolti" della sinistra dura e pura, prova a ricompattare almeno l'area politica più vicina al suo partito e per far ciò richiama il concetto della coerenza politica.
Apparirebbe infatti incomprensibile e illogico che chi si riconosce negli ideali e nei valori della sinistra possa preferire un candidato, nella fattispecie quello del Movimento 5 Stelle, proveniente da un soggetto politico che in campo europeo mostra simpatia e anche qualcosa di più per un partito che rispetto alla sinistra si pone ideologicamente agli antipodi.

In effetti l'argomentazione ha una sua logica e una sua intrinseca solidità.

Se non fosse.

Se non fosse che la predica, come sempre più frequentemente accade, proviene da un pulpito che non ha alcun titolo per propinarla urbi et orbi.

Già, perché se per molti versi appare politicamente non ortodossa un'alleanza fra il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e l'UKIP di Nigel Farage, ci sembra altrettanto legittimo interrogarci su quali insondabili ragioni abbiano portato, a livello nazionale, il Partito Democratico di Matteo Renzi a impostare un percorso comune sulle riforme istituzionali e costituzionali con la Forza Italia di Silvio Berlusconi, che (a differenza di Nigel Farage) è un pregiudicato condannato in via definitiva, che (a differenza di Nigel Farage) è stato sbattuto fuori dal Parlamento nazionale e che (a differenza di Nigel Farage) è stato anche privato dei diritti politici. E anche del passaporto (a differenza di Nigel Farage, che comunque a me non piace per niente).

In pratica, a occuparsi delle modifiche alla Costituzione stilata da Umberto Terracini e Piero Calamandrei sono stati chiamati Denis Verdini e Renato Brunetta, che a tutti gli effetti sono agli ordini di un leader politico che per la giustizia italiana (vedasi le motivazioni della sentenza di condanna) è un pericoloso delinquente.

Ebbene, a questo punto io continuo a chiedermi come mai si sia potuti giungere a un tale obbrobrio. La risposta dataci da Matteo Renzi è nota: egli afferma semplicemente che, considerando i rapporti numerici di forza nel Parlamento, non vi erano alternative vista l'impossibilità di stabilire con il Movimento 5 Stelle un dialogo propedeutico alla definizione di accordi programmatici sulle riforme di cui sopra.
Insomma, turiamoci il naso e invitiamo Silvio Berlusconi al Nazzareno.

Benissimo.

Questo in effetti potrebbe essere considerato come un classico "esempio di scuola" di pragmatismo politico.

Ma se lo è (e sembra proprio che lo sia), non si capisce perché non possa essere considerata come identico esempio di realpolitik anche una eventuale decisione del M5S di far entrare i suoi parlamentari nel gruppo di cui fa parte l'UKIP di Nigel Farage: in fin dei conti tratterebbesi anche in questo caso di una decisione presa per motivi di carattere esclusivamente formale, considerando che l'alternativa è iscriversi al gruppo misto e contare meno di niente.

Il candidato sindaco del Partito Democratico vorrà certamente sciogliere questo dubbio, prima o poi. Attendiamo fiduciosi.

Su cosa vi sia, di "sinistra", negli indirizzi e nelle attuali scelte politiche del Partito Democratico, beh... questo è argomento da trattare in un altro momento.

martedì 27 maggio 2014

Siamo uomini o caporali?


Niente...

dopo essermi letteralmente ribaltato dalle risate ascoltando Crozza a Ballarò, ho dato un'occhiata al sito di Beppe Grillo. Ora leggo le considerazioni di rappresentanti e simpatizzanti del M5S.

Niente. Nemmeno un'accenno di analisi logica del risultato elettorale dell'altro ieri. Grillo dice che è colpa dei pensionati che non vogliono cambiare. C'è chi parla di brogli. Quelli che danno la colpa agli 80 euro. Altri se la prendono con i media. Insomma, sembra tutto un grande gombloddo (cit.).

Ma signori miei, riflettere su quello che il M5S ha sbagliato in campagna elettorale, no? Comunicazione. Immagine. Contenuti. In ognuno di questi tre elementi, almeno a guardarli con il senno di poi, si riscontrano gravi errori. E gli errori vanno individuati, analizzati e compresi, altrimenti si rischia di rifarli o di frne di peggiori. Questa è la "professionalità" che ci richiede la vita e quindi anche la politica.
Non è questione di piangere sul latte versato. Non è questione di cercare capri espiatori. No. Si tratta semplicemente di comprendere che non può essere sempre colpa di qualcun altro. Tutto qua. Senza acrimonia, senza rabbia, senza isterismi.

Prendi Grillo, per esempio. Non so se i suoi estimatori se ne rendono conto, ma come personaggio pubblico, in termini di visibilità mediatica e di immagine, come testimonial del movimento, Grillo è finito.

Finito.

Out.

Rottamato (cit.).

Prima di dedicarsi anima e corpo a queste elezioni, Beppe Grillo veniva generalmente visto come un personaggio per certi versi picaresco ma tutto sommato simpatico. Un comico-politico-burlone che mescola due mondi facendone uscire un quadro surreale, iperbolico ma fondamentalmente ironico.
Grillo in questa campagna elettorale ha messo sul piatto tutto questo ma (purtroppo) anche molto di più: aggressività, negatività, richiami a situazioni e personaggi da film dell'orrore, il tutto mescolato a una tracotanza e a un delirio di onnipotenza a cui nessuno mai ha assistito in precedenza. E se almeno avesse espresso chiaramente, semplicemente e puntigliosamente i punti fondamentali del programma elettorale europeo del M5S, forse avrebbe salvato il salvabile. E invece no, niente, nemmeno quello. L'ho ascoltato con attenzione da Vespa-a-Vespa, una delusione totale: fossi stato un marziano appena sceso sulla Terra, gli avrei dato del matto.
E fatto trenta, facciamo trentuno, è andato anche a dire a tutto il mondo che se le cose non andavano come diceva lui si sarebbe ritirato dalla vita politica.

Beh, a me pare che "effettivamente" le cose non siano andate proprio come voleva lui.

Ergo, la conseguenza DEVE essere una sola: sia per dimostrare di essere una persona d'onore, perché gli impegni vanno mantenuti nel bene e nel male, cioè SEMPRE, se non si vuole dimostrare di essere un quaqquaraqquà.
E sia, ma soprattutto per questo, perché oggettivamente l'immagine di Beppe Grillo non è più positiva per il Movimento 5 Stelle. La prossima volta che si ripresenta su un palco, saranno sempre meno le persone disposte ad ascoltarlo con attenzione e sempre più quelli che lo accoglieranno con fischi e risate di scherno.

E francamente, se devo scegliere fra tutelare l'immagine del M5S e quella di Beppe Grillo, non ho esitazioni.

lunedì 26 maggio 2014

Moriremo democristiani?

Una volta metabolizzato il risultato elettorale, i protagonisti della competizione faranno bene a fare qualche riflessione.

Molto giusto e opportuno il tempismo di Renzi che nel giro di pochi giorni riunirà la direzione del partito per fare una analisi complessiva del voto. Nonostante il risultato plebiscitario, non saranno tutte rose e fiori e lo stesso Renzi lo ha detto chiaramente oggi: "Non ci sono più alibi". Ovviamente, sarà abbastanza semplice riconfermare la sua leadership interna, perché civatiani e bersaniani, notoriamente privi di attributi e di identità politica, rimarranno muti e rassegnati di fronte al Grande Figlio della Balena Bianca e ne accetteranno ogni decisione salvo poi, essendo persone "ragionevolmente" oneste e "ragionevolmente" fedeli, attendere il momento giusto per fargli qualche simpatico scherzetto nel segreto dell'urna (cosa su cui il PD non ha nulla da imparare da nessuno, basti ricordare l'elezione di Prodi a presidente della Repubblica).
Appare invece prevedibilmente più complesso gestire sia l'immediato sia il futuro rapporto con Forza Italia nell'ottica delle riforme istituzionali e costituzionali da fare a larga maggioranza, che è anche questa una tappa del percorso di governo su cui "non vi sono alibi": Berlusconi e i suoi servi sono all'angolo e ormai non hanno più nessun tornaconto a continuare a sostenere i tavoli delle riforme, soprattutto quello del sistema elettorale. Per Forza Italia, continuare a sostenere l'Italicum equivarrebbe a sventrarsi le budella con una katana. Non sono così stupidi e non avranno alcuna esitazione nel vendere a caro prezzo il voto favorevole su certe questioni: lo vedremo quando Renzi affronterà la spinosa questione della riforma della giustizia, da sempre cavallo di battaglia di Berlusconi.

Il M5S, peraltro, che nel giro di poco più di un anno ha ampiamente dimostrato di non essere stato capace di gestire l'inaspettato consenso ricevuto alle ultime elezioni politiche, forse sarebbe meglio che colga l'occasione per imparare a gestire l'attuale sconfitta. E' necessaria, finalmente, una analisi lucida e serena dei fattori che hanno comportato questo risultato: si tratta sia di problemi di modalità comunicativa, sia di immagine, sia di contenuti. Non posso dimenticare cazzate stratosferiche dette da Grillo, tipo quella che dice: "chi afferma che non c'è democrazia all'interno del movimento, può anche andarsene affanculo". Non posso dimenticare che il M5S in effetti non ha una proposta politica chiara in merito a diverse questioni tipo come finanziare il reddito di cittadinanza. Non posso non prendere atto che su diversi temi etici (matrimoni gay, rapporti con la Chiesa, eutanasia, obiezione di coscienza, ecc. ecc.) non si capisce ancora quale sia la posizione ufficiale del movimento e l'impressione è che NON vi sia ancora una posizione ufficiale nonostante vi sia oggettivamente stato tutto il tempo per elaborarla, dopo l'ingresso in Parlamento dei rappresentanti pentastellati.
E non posso tollerare che fino a questo momento non vi è stata alcuna presa di posizione ufficiale, da parte del M5S, riguardo il risultato elettorale e le future prospettive politiche.
Insomma, sulle suddette questioni o ci si mette a lavorare veramente sodo oppure non se ne esce e tanto vale rassegnarsi a morire democristiani.

domenica 25 maggio 2014

Un uomo solo al comando



Al di là di quelli che saranno i numeri definitivi, il panorama politico italiano sembra effettivamente riconfigurarsi dopo il voto europeo. Il dato più significativo è certamente l'affermazione del Partito Democratico, che ora si pone su livelli di consenso decisamente più alti rispetto alle ultime elezioni politiche. Questa rilevante affermazione è stata ottenuta ai danni del Movimento 5 Stelle, ai danni di Forza Italia e ai danni dell'amorfismo indifferenziato dei partiti minori, a esclusione della Lega che, cavalcando le stesse pulsioni anticomunitarie ben più convincenti in altre parti d'Europa, riesce a ottenere un risultato numericamente positivo anche se totalmente irrilevante per gli equilibri politici italiani.

La sconfitta più clamorosa è oggettivamente quella del Movimento 5 Stelle, non tanto per l'aspetto quantitativo - non drammatico - del drenaggio di consenso elettorale riversatosi verso il Partito Democratico, quanto piuttosto per aver mancato totalmente l'obiettivo prefissato in una campagna di assalto all'arma bianca e di bombardamento che ha virtualmente assunto i toni di una vera e propria guerra elettorale all'ultimo sangue piuttosto che di un confronto di programmi e di contenuti. Ma in guerra l'obiettivo va colpito e distrutto, non è sufficiente riuscire a tornare sani e salvi alla base, e il fatto è che il Movimento 5 Stelle ha sparato tutte le sue bordate a vuoto. Colpa dei cannoni imprecisi? colpa delle munizioni difettose? colpa della pessima mira dei cannonieri? no, piuttosto colpa delle errate valutazioni del comandante sul campo (Grillo) che ha ordinato di utilizzare munizioni incendiarie invece che perforanti contro un bersaglio che non era infiammabile ma pesantemente corazzato, ma soprattutto colpa dell'incapacità dello stato maggiore (Casaleggio) di elaborare una strategia vincente, e questo in ogni guerra si fa prima di tutto individuando correttamente gli obiettivi realmente importanti.

Per quanto riguarda Forza Italia, che comunque, se pur con un leader il cui tasso di presentabilità è sulla via del definitivo e irreversibile disfacimento, rimane pur sempre il terzo elemento del tripolarismo politico affermatosi un anno fa e confermatosi oggi, non si può non prendere atto una volta per tutte che quando si devono fare proposte politiche concrete questo soggetto politico rappresenta il vuoto spinto. Il consenso elettorale ottenuto in questa tornata elettorale, che pone il partito ad anni luce di distanza dal PD e a diverse lunghezze anche rispetto al M5S, dimostra ineluttabilmente ciò che tutti noi abbiamo sempre saputo: il Partito di Plastica non può far altro che seguire la sorte del suo fondatore.

Tuttavia, sbaglia chi ritiene che Forza Italia (cioè Silvio Berlusconi) da oggi in poi non avrà più voce in capitolo nelle dinamiche politiche nazionali: i rapporti di forza numerici in Parlamento non sono cambiati di una virgola e se Renzi vorrà veramente attuale le riforme che ha promesso dovrà necessariamente bussare alla residenza di Arcore, trovando però sia il padrone di casa sia la servitù in uno stato d'animo molto meno amichevole rispetto alla volta precedente. S'avrà da ridere. Per adesso la prima cosa che appare del tutto evidente è che con questi rapporti di forze l'Italicum è morto e sepolto, se mai è nato. Renzi non si illuda che Berlusconi possa continuare ad appoggiare un sistema elettorale specificamente studiato per spazzar via il tripolarismo facendo fuori il terzo a favore dei primi due, perché ormai è chiaro anche ai più sprovveduti che il terzo soggetto non è Grillo ma è lui. 

In sintesi, quindi, la fotografia dell'Italia attuale non sembra essere diversa da quella che siamo sempre stati abituati a conoscere: un paese politicamente diviso in tre parti, la destra, il centro e la sinistra. La destra è rappresentata essenzialmente da Forza Italia e dalla Lega; il centro, spazzati via i rifiuti indifferenziati costituiti da Monti e Casini, è il Partito Democratico; la sinistra è rappresentata dal Movimento 5 Stelle e, per certi versi, da Sinistra e Libertà.

La Balena Bianca è tornata. Buona fortuna.



venerdì 23 maggio 2014

Repetita non iuvant, per l'Ottima Oppo

Come avevo promesso, proseguo imperterrito nel rivolgere la mia occhiuta attenzione ai sedicenti giornalisti.

Come probabilmente immaginate, fare il giornalista presuppone la capacità di comprendere, maneggiare e mettere correttamente in pratica i principi fondamentali della specifica deontologia professionale.

Non sembrerebbe peraltro nemmeno necessario sottolineare che un buon giornalista, se non vuole essere inserito nella nutrita schiera di pennivendoli da un tanto al chilo che come noiosi insetti infestano il mondo dell'informazione, dovrebbe annoverare fra le proprie abitudini anche un minimo sindacale di verifica dell'attendibilità delle notizie che intende pubblicare, e se tale verifica dà esiti negativi dovrebbe rinunciare a proporre tale notizia come vera.

Insomma, un giornalista non dovrebbe mentire sapendo di farlo e non dovrebbe nemmeno pubblicare notizie che sono facilmente identificabili come false.

Eppure non sembra che tali semplici regole siano state applicate dall'Ottima Maria Novella Oppo. Aridaje...


In questo articolo leggiamo testualmente:

Un potere a 5 stelle, che già minaccia tribunali speciali agli avversari, mentre, nei comuni dove si è insediato, arriva a togliere i dolcetti ai bambini. Ma solo quelli poveri, ovviamente.

Come ho già dimostrato parlandone proprio qualche giorno fa su queste stesse pagine, la notizia del dolcetto negato ai bambini è completamente destituita di fondamento. Falsa come una banconota da 3 euro.

Ci chiediamo quindi cosa pensa di sé l'Ottima Maria Novella Oppo quando la sera, tornando a casa dopo una dura e intensa giornata di lavoro nel campo dell'informazione, si guarda finalmente allo specchio.

Ai posteri l'ardua sentenza.

mercoledì 21 maggio 2014

Gli sciacalli



Fra un vaffanculo e l'altro, la campagna elettorale per le europee prosegue sempre più istericamente verso la conclusione. E meno male, perché la sua prevedibilissima politicizzazione a fini interni fornisce allo spettatore un panorama particolarmente deprimente dell'attuale classe politica. Non che ci voglia chissà che, s'intende.
Tuttavia non è di questo che voglio parlare oggi, ma di qualcosa di sommamente più grave. Qualcuno si chiederà cosa mai potrebbe esservi, di più grave della interminabile sequela di insulti, di minacce e di sceneggiate a cui stiamo assistendo.

La risposta è semplice: la menzogna.

L'ingiuria è atto illecito e sempre riprovevole, ma contiene sempre una parte di verità: essa ci mostra sempre la reale opinione di chi la profferisce nei confronti della persona offesa. L'ingiuria non contiene ipocrisia, perché a torto o a ragione dimostra inequivocabilmente e sinceramente il disprezzo e mette comunque chi ne viene colpito in condizione di potersi difendersi restituendo pan per focaccia. La menzogna, invece, è molto più pericolosa, perché colpisce subdolamente, alle spalle, quando siamo indifesi e non possiamo reagire perché a volte è detta così bene da farci cadere come pere mature nel suo tranello. Ci crediamo, la consideriamo verità, traiamo deduzioni falsate e di conseguenza basiamo i nostri pensieri e le nostre azioni su questo presupposto sbagliato.

La menzogna messa in atto mentendo sapendo di mentire è uno dei comportamenti più disonorevoli che si possano immaginare, perché non sempre è facile smascherarla. Essa squalifica moralmente colui che la utilizza a fini strumentali, perché mette drammaticamente a repentaglio una delle più importanti conquiste di ogni società civile: la reciproca fiducia.
Colui che consapevolmente utilizza lo strumento della menzogna è uno sciacallo.

Oggi sulle pagine web di molte testate giornalistiche compare una notizia relativa a una delibera del dicembre 2013 dell'amministrazione di Pomezia guidata dal sindaco Fabio Fucci (Movimento 5 Stelle). Tale delibera ha previsto la differenziazione della tariffazione relativa al servizio mensa giornaliero per i bambini che frequentano le scuole per l'infanzia e le primarie (cioè asili e scuole elementari). Una prima tariffa di 4 euro giornaliere è relativa all'erogazione di un pranzo completo (primo, secondo, contorno, frutta), mentre una seconda tariffa, aumentata di 40 centesimi per un totale di 4,40 euro, è relativa all'erogazione dello stesso identico pranzo con in più la merenda pomeridiana costituita da un dolce.
In pratica, i genitori che per ragioni loro desiderano che il bambino non mangi la merenda fornita dalla mensa e che preferiscono invece che il bambino mangi una merenda preparata in casa, oppure che per motivi dietetici o di altro tipo preferiscono che il bambino non mangi dolci, non ne pagano inutilmente il costo ma pagano solo il costo del pranzo, che è assolutamente identico per tutti i bambini.

Vediamo dunque come alcuni organi di stampa riportano questa notizia:





Come possiamo notare, solo Il Fatto Quotidiano, pur con un sensazionalismo di dubbio gusto nel titolo, spiega la questione in maniera abbastanza corretta, specificando chiaramente che non esiste alcuna discriminazione nella erogazione del pranzo, uguale per tutti i bambini, e che il dolce non è il dessert di fine pranzo ma appunto la merenda.
Gli altri giornali, invece, ricostruiscono la vicenda facendoci immaginare due bambini seduti fianco a fianco, a uno dei quali viene servito il dessert dopo la frutta mentre l'altro rimane con un palmo di naso. Una cosa assolutamente falsa.

Insomma, una bufala, chiaramente dimostrata QUI.

Una bufala che però ha fornito al soliti sciacalli una ghiotta occasione per ricamarci sopra e spalare letame non solo sul sindaco di Pomezia ma su tutto il Movimento 5 Stelle.

E' questa l'informazione che ci meritiamo, in Italia? è questa la politica che ci meritiamo?

lunedì 19 maggio 2014

Il sorprendente outing di Matteo Renzi



"Votate chi volete ma non i buffoni"

Dunque, l'Ottimo Matteo Renzi esordisce con questa solenne e accorata raccomandazione al suo elettorato, ammesso che gliene sia ancora rimasto. E quanto consenso gli sia realmente rimasto lo sapremo fra una settimana, perché mai come in questa occasione le elezioni europee hanno una straordinaria valenza politica interna.

Una cosa, del pensiero dell'Ottimo Renzi, non si comprende molto bene dall'articolo: a chi egli si riferisca quando utilizza il termine "buffoni". Considerando l'attuale contesto politico e le forze in gioco, il primo nome che viene in mente è quello di Beppe Grillo, che, come tutti sanno, fa il comico.
Eppure vi è una differenza semantica di non poco conto fra il termine "comico" e il termine "buffone": nel primo caso ci troviamo spesso di fronte a un vero e proprio professionista, a volte un vero e proprio artista, e ci tornano in mente i nomi di Ettore Petrolini, Walter Chiari, Antonio De Curtis (in arte Totò), Peppino De Filippo e tanti altri insigni personaggi del mondo dello spettacolo; nel secondo caso, invece, essendo ormai definitivamente relegata alla storia medievale la figura del giullare, oggi più che di una figura si deve parlare di un insieme di caratteristiche comportamentali spesso risibili e a volte picaresche.

Comico è colui che ha la capacità artistica di far ridere, mentre buffone è colui che si mette in ridicolo agli occhi del prossimo o che ne suscita lo sdegno perché non rispetta la parola data, perché mente in maniera infantile, perché nella vita quotidiana e nei rapporti sociali e personali si rivela essere persona inaffidabile.

Se quindi è oggettivamente vero che Beppe Grillo è un comico, non sembrano esservi elementi per affermare che sia un buffone. Forse che nella cronaca politica di questi ultimi anni risulta che Grillo abbia mancato alla parola data? che abbia mentito? che abbia tradito? questo non mi risulta: forse è da definirsi come "buffone" colui che già due anni prima del crac Parmalat predicava pubblicamente di non acquistare i bond dell'azienda di Tanzi? non direi. Ma questo l'Ottimo Matteo Renzi probabilmente non lo ricorda: all'epoca, infatti, credo che fosse occupatissimo a fare praticantato politico e a imparare come si fa a diventare un Ottimo presidente del Consiglio.




Ma allora chi è il destinatario dell'appellativo di "buffone"? forse dobbiamo considerare come tali, nel pensiero dell'Ottimo Matteo Renzi, tutti i candidati del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo? Renzi li conosce uno per uno? se così fosse sarebbe veramente strano, visto che fino a ieri il presidente del Consiglio li ha sempre etichettati come dei perfetti sconosciuti.

Insomma, dare una risposta a questa domanda non sembra facile. A dire il vero, sorge il dubbio che ci sia un'altra suggestiva possibilità, ovvero che si tratti di un vero e proprio momento di catartica autocritica da parte dell'attuale presidente del Consiglio.



E' infatti accertato in maniera oggettiva che l'Ottimo Matteo Renzi, nel discorso con cui ha richiesto la fiducia al suo costituendo governo, ha preso impegni politici ben precisi sia per quanto riguarda una serie di riforme strutturali da mettere in atto sia per quanto riguarda le tempistiche, da lui ripetutamente garantite come da attuare prima di ciò che egli chiama il "semestre europeo", ovvero il periodo che per turnazione spetta all'Italia come presidenza del Consiglio europeo a far data dal 1° luglio 2014.

Nel merito, le riforme dell'architettura istituzionale su cui Matteo Renzi ha preso formale impegno, sia di fronte al Parlamento sia in altre numerose occasioni, sono:

1. riforma costituzionale con abolizione delle province
2. riforma del sistema elettorale tornando alle preferenze o, in alternativa, ai collegi uninominali
3. riforma della legislazione sul lavoro
4. riforma della fiscalità
5. riforma del pubblico impiego
6. riforma del patto di stabilità per sbloccare gli stanziamenti per l'edilizia scolastica
7. sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti
8. agevolazione al credito delle piccole e medie imprese
9. riduzione "a doppia cifra" del cuneo fiscale

Ma ricordiamo anche altre ripetute prese di posizione dell'Ottimo Matteo Renzi in merito a questioni di carattere specificamente politico, come per esempio la ridiscussione del ruolo di Silvio Berlusconi subito dopo la sua condanna definitiva, che Renzi ebbe a definire come "game over", salvo poi manifestare successivamente la "profonda sintonia" con il suddetto pregiudicato.

Altra giravolta alquanto epocale è, come tutti sappiamo, quella in cui l'Ottimo Matteo Renzi ha prima escluso tassativamente di poter accettare un incarico di capo del governo senza passare dallo "scalone principale", cioè dall'investitura elettorale, e poi si è invece affrettato ad accettare tale nomina a legislatura avviata da soli pochi mesi, sostituendo il suo compagno di partito Enrico Letta, e a tal proposito non possiamo non ricordare la famosa frase: "Enrico, stai sereno" pronunciata da Renzi poco prima di sostituirlo a Palazzo Chigi.

Concludo questo elenco con le ripetute dichiarazioni di Matteo Renzi riguardo l'abolizione delle province, già sostanzialmente data per fatta il 3 aprile:


Peccato che l'esistenza delle province risulti ancora dall'art. 114 della Costituzione:


Adesso, visti questi precedenti non particolarmente edificanti in merito all'attendibilità delle dichiarazioni dell'attuale presidente del Consiglio, la domanda è se possiamo dormire sogni tranquilli oppure se dobbiamo prepararci a un nuovo salasso fiscale:


Ma soprattutto, a questo punto è anche giusto chiedersi chi fra Renzi e Grillo sia il comico e chi sia il vero buffone. E votare di conseguenza.